Roma, 10 mag. (askanews) – Quanto è difficile per un giovane musulmano cambiare vita dopo un’esperienza in carcere? Marco Santarelli nel suo “Samad”, nei cinema dal 13 maggio, racconta la storia di uno di loro, Samad, appunto, interpretato da Mehdi Meskar.Il ragazzo ha pagato il suo conto con la giustizia e ora ha un lavoro, una nuova vita. Quando rientra in carcere insieme a Padre Agostino interpretato da Roberto Citran, per essere d’ispirazione per i suoi compagni, come esempio di reinserimento, succede qualcosa di imprevisto. Il regista prima di questo film aveva girato due documentari ambientati nelle carceri, osservando le difficoltà di integrazione dei detenuti stranieri. “Le carceri hanno un problema di sovraffollamento, mancanza di educatori, ed è un sistema di potere che non fa altro che alimentare la rabbia”.Il carcere per gli amici di Samad, per i suoi ex compagni rimasti in carcere, diventa così il luogo della radicalizzazione. “La religione in carcere diventa un modo per riscattarsi, diventa per molti un modo per continuare a sopravvivere. Il problema è che spesso la religione viene strumentalizzata, diventa un modo per aumentare la rabbia e il vittimismo”.Il regista ha conosciuto il vero Samad, che nel film interpreta un ruolo, e si è ispirato in parte alla sua storia per raccontare le difficoltà che affronta oggi un ragazzo che esce dal carcere. “E’ un film sulla libertà, che si interroga sulla libertà come scelta”.
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