Per il governo Meloni se in cassa non c’è un euro la colpa è sempre di chi lo ha preceduto. Per esempio del M5S, padre del Superbonus che, per il duo Giorgia & Giorgetti, è diventato causa di ogni male. La verità è che le destre preferiscono fare cassa sui poveri e sui pensionati invece di aggredire i poteri forti e di prendere i soldi da chi li macina.
Spudoratamente, dopo aver paragonato il Superbonus al disastro del Vajont, con nessun riguardo per una strage che ha causato migliaia di morti, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, rispondendo ieri al question time alla Camera a un’interrogazione dei pentastellati, ha ammesso che a oggi “non risultano essere pervenuti versamenti con riferimento all’imposta in esame”. Vale a dire zero euro dalla tassa sugli extraprofitti delle banche. Ancora più spudoratamente, il ministro leghista sostiene, di fatto, che il flop era stato messo in conto.
“Nel bilancio dello Stato non è mai stata iscritta alcuna somma connessa all’attuazione di questa disposizione, come previsto nella relazione tecnica”, ha precisato. Ma i fatti non stanno esattamente come ce li racconta lui. Nell’agosto dello scorso anno, il leader del partito di Giorgetti, Matteo Salvini, a sorpresa, annunciava che il Consiglio dei ministri aveva approvato un “prelievo sugli extraprofitti delle banche”, definendolo una “misura di equità sociale”, limitata solo al 2023.
Tutti gli introiti sarebbero andati, prometteva il vicepremier, in “aiuto per i mutui delle prime case, sottoscritti in tempi diversi rispetto agli attuali, e il taglio delle tasse”. Il leader della Lega indicava poi che lo Stato avrebbe incassato “alcuni miliardi” (le stime si aggiravano intorno ai 2,5). La premier in persona, Giorgia Meloni, difese la scelta di tassare quelli che definì come “margini ingiusti” delle banche. Peccato che poi il governo, di fronte alle proteste degli istituti di credito, abbia fatto una penosa marcia indietro, smontando di fatto la misura, ovvero prevedendo la possibilità per le banche di non pagare la tassa purché destinassero un importo pari a due volte e mezzo il suo valore per rafforzare il loro patrimonio. E tutte le banche ovviamente hanno optato per questa seconda strada, non versando neanche un euro nelle casse dello Stato.
Adesso Giorgetti giustifica il dietrofront del governo con la tesi che “il rafforzamento patrimoniale delle banche ha contribuito a mantenere o migliorare i livelli di rating e ciò ha costituito uno dei fattori che ha concorso alla riduzione dello spread registrato dal nostro Paese negli ultimi mesi e, quindi, un risparmio in relazione agli interessi passivi”. Giorgetti – commenta amaramente Daniela Torto, capogruppo M5S in commissione Bilancio della Camera – “ha davvero raggiunto livelli patetici mai visti prima, dicendo che il mancato versamento della tassa avrebbe consentito alle banche di patrimonializzarsi di più con effetti positivi sul rating e sull’abbassamento dello spread. Osservazione ridicola, che semmai conferma quanto questo governo tenga più alle agenzie di rating e alle banche d’affari che agli italiani”.
Il ministro leghista si guarda bene dal dire una parola sulle promesse, mancate, di aiutare le famiglie strozzate dai mutui e di destinare fondi al taglio delle tasse. Come non fossero state mai pronunciate. E tutto questo a fronte di utili record – oltre 28 miliardi di euro nel solo 2023 – macinati dalle banche, approfittando del margine di interesse favorevole, mentre i salari degli italiani sono fermi al palo e il governo non sa dove prendere i soldi per prorogare il taglio del cuneo fiscale e l’Irpef a tre aliquote. Ma la colpa è sempre e solo del Superbonus e dei 5 Stelle. Come no!