Una data ancora non c’è, ma ormai ci sono ben pochi dubbi sul fatto che l’attacco terrestre a Rafah avverrà a breve e che questo sarà una vera e propria sliding doors del conflitto in Medio Oriente. Come riporta il Times of Israel, l’esercito di autodifesa ha dato il via alle operazioni per evacuare parti della popolazione civile dalla città nel sud di Gaza e ha chiuso il valico di frontiera di Kerem Shalom dopo che un razzo lanciato ieri da Gaza è caduto nelle vicinanze, uccidendo tre soldati.
Che il blitz sia ormai imminente lo ha confermato il ministro della Difesa, Yoav Gallant, secondo il quale “l’esercito si sta preparando” per l’operazione terrestre che “avrà inizio a breve”. Eppure malgrado queste dichiarazioni che sembrano dirla lunga sulle intenzioni dello Stato ebraico, diversi esperti – secondo quanto riporta il quotidiano israeliano Haaretz – ipotizzano che in realtà i preparativi dell’esercito servirebbero soprattutto a esercitare pressioni su Hamas nell’ambito dei negoziati per la liberazione degli ostaggi, più che fare parte di una manovra per controllare la città.
In Medio Oriente sale la tensione
Resta il fatto che la situazione è in divenire e che per il portavoce militare di Israele: “L’esercito ha ampliato l’area umanitaria ad Al-Mawasi”. Si tratta di un’area che, secondo lui, comprende “ospedali da campo, tende e maggiori quantità di cibo, acqua, farmaci e forniture aggiuntive”. Per questo ci sarà “il graduale spostamento dei civili nelle aree specificate, verso l’area umanitaria”. Quest’ultimo avverrà, conclude il portavoce militare, attraverso una martellante campagna informativa basata sull’affissione di “manifesti, l’invio di messaggi SMS, le telefonate agli abitanti della città e con trasmissioni mediatiche in arabo”.
In attesa di capire se sarà possibile scongiurare il blitz terrestre, continuano imperterriti i martellanti bombardamenti sulla città al confine con l’Egitto. L’ultimo raid dell’aviazione di Benjamin Netanyahu, secondo quanto apprende Afp da fonti mediche, avrebbe causato sedici vittime. Stando a quanto trapela, durante l’attacco sarebbero state distrutte due case all’interno del campo profughi di Yebna a Rafah e nei pressi di Al Salam.