Il sogno nemmeno troppo nascosto è di replicare il metodo Ruanda anche in Europa con la Tunisia. Questa settimana nel Regno Unito è è stata approvata la controversa legge che autorizza alla deportazione forzata di persone richiedenti asilo in Ruanda. Una “vergogna nazionale” e “lascerà una macchia sulla reputazione morale di questo paese”, l’ha definito Sacha Deshmukh, responsabile di Amnesty international nel Regno Unito. L’agenzia tedesca Dw non ha dubbi: dietro ai tre nuovi accordi con la Tunisia come parte del Piano Mattei (per un totale di 105 milioni di euro) ci sarebbe l’individuazione di “un luogo privilegiato per i richiedenti asilo che entrano nell’Unione europea con mezzi irregolare” che potrebbe replicare il “piano Ruanda”.
Ue e Italia vorrebbero replicare il piano di deportazione del Regno Unito ma la Tunisia non è considerata “luogo sicuro”
Ci sono due problemi difficilmente sormontabili. Il primo – che si potrebbe smussare con altro denaro – è che il presidente tunisino Kais Saied ha ribadito durante una riunione sulla sicurezza nazionale che la Tunisia “non diventerà né un centro né un punto di attraversamento” per i migranti subsahariani. Né, ha detto, accetterebbe i migranti “deportati dall’Europa”. La Tunisia sta lavorando per ridurre i numeri delle migrazioni. Secondo gli ultimi dati dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati UNHCR, al 15 aprile 2024, le forze di pattuglia di frontiera tunisine avevano intercettato circa 21.000 migranti prima che potessero raggiungere le acque europee. Saied non ha intenzione di fare nulla di più.
Il secondo vero problema è che nessuno degli accordi affronta il fatto che la Tunisia non può essere considerata un “paese sicuro” poiché il presidente Saied non solo ha smantellato la maggior parte delle istituzioni democratiche dopo avere preso il potere nel luglio 2021 ma reprime anche i migranti nel suo Paese. “Oggi in Tunisia, migranti, richiedenti asilo e rifugiati affrontano gravi abusi commessi dalle forze di sicurezza, tra cui la Guardia Nazionale e la Guardia Costiera durante l’intercettazione in mare, e, una volta che le persone vengono intercettate, continuano a subire maltrattamenti, arresti arbitrari, detenzioni ed espulsione collettiva”, ha spiegato Salsabil Chellali, direttore tunisino presso l’ONG Human Rights Watch. In Tunisia mancano anche leggi nazionali sull’asilo e persino di un sistema di asilo che potrebbe concedere lo status di rifugiato o consentire alle persone di lavorare. Il sogno di avere trovato una nuova Ruanda per Giorgia Meloni è sfumato prima ancora di diventare un’idea.