L'Editoriale

La pacchia è finita. Ma per l’Italia

Il governo che prometteva di cambiare l’Europa al grido di “la pacchia è finita” si è piegato al ritorno dell’austerity.

La pacchia è finita. Ma per l’Italia

Hai voglia a dire da mesi che il Patto di Stabilità approvato ieri dal Parlamento europeo è migliorativo rispetto alla bozza di partenza che il governo italiano si era precipitato a bocciare. Soprattutto se poi le delegazioni Ue di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia (oltre al Pd), astenendosi in blocco al momento del voto, hanno evitato di metterci la faccia per paura di perderla al cospetto degli elettori dinanzi ai quali dovranno presentarsi tra poco più di un mese.

E pazienza che la premier Meloni (“Il nuovo Patto risulta per l’Italia migliorativo rispetto alle condizioni del passato”) e il ministro Giorgetti (“…quello che sottoscriviamo è un accordo sostenibile per il nostro Paese…”) andassero sbandierando dallo scorso dicembre l’intesa sui nuovi vincoli di bilancio Ue come un successo per l’Italia. Nonostante le nuove regole ci impongano di ridurre il disavanzo all’1,5% del Pil (che ci obbligherà a oltre 10 miliardi l’anno) e dell’1% il debito pubblico

Il tutto mentre è in arrivo una procedura d’infrazione per eccesso di deficit e dalla prossima Finanziaria il governo dovrà concordare con Bruxelles il piano di rientro. Meglio l’astensione, quindi, per evitare di spiegare agli italiani che il governo che prometteva di cambiare l’Europa al grido di “la pacchia è finita” si è piegato invece al ritorno dell’austerity imposto come al solito dall’asse franco-tedesco. Sperando che nessuno se ne accorga. Almeno finché non arriverà, ad urne chiuse, il conto da pagare nella prossima Manovra. Quando la pacchia sarà finita davvero. Ma per gli italiani.