Alla fine, l’annunciata rappresaglia di Israele sull’Iran c’è stata. Si è trattato di un attacco limitato che ha causato pochi danni. Elia Morelli, giornalista di Domino ed esperto di geopolitica, qual è il messaggio che Netanyahu ha mandato a Teheran?
“Intanto dobbiamo capire se l’attacco è partito dal territorio israeliano per colpire una base militare in cui sarebbero ospitati degli F-14, come affermato dai media occidentali, oppure se sia stato lanciato dall’interno dell’Iran e quindi da agenti di prossimità israeliani presenti nel Paese, come raccontano fonti iraniane. Detto questo, Netanyahu ha sicuramente voluto lanciare un messaggio all’opinione pubblica israeliana così da compattarla in caso di un conflitto diretto con l’Iran che, per quanto remota, è una possibilità. A mio parere ha anche mostrato i muscoli all’interno del proprio governo, dove ci sono forze che chiedevano un attacco ben più duro. Poi ha voluto mandare un messaggio sia all’Iran, dimostrando che può colpire il Paese come e quando vuole, e anche ai propri alleati occidentali per chiarire che in questa crisi mediorientale è Israele a dare le carte”.
Il ministro della sicurezza di Israele, Itamar Ben Givir, ha detto che il raid è stato fin troppo “moscio” e avrebbe voluto un attacco ben più duro. Come mai in Israele c’è chi tifa per una guerra con l’Iran?
“La maggioranza della popolazione israeliana, come quella iraniana, non vuole arrivare a un conflitto regionale. A livello di governo, dove ci sono figure estremiste e radicali come Itamar Ben Givir e Bezalel Smotrich, c’è chi vorrebbe inasprire la crisi al fine di sfruttarla per regolare i conti con l’asse della resistenza iraniano che comprende Hamas nella Striscia di Gaza, Hezbollah in Libano, e le milizie filo-iraniane presenti in Siria e Iraq. Del resto questi esponenti del governo non hanno mai fatto mistero di voler mettere le mani sulla Cisgiordania, ossia l’antica Giudea, e sulla Striscia di Gaza”.
Il raid cade esattamente nel giorno del compleanno della Guida suprema Ali Khamenei e questo non sembra essere un caso. Al momento, l’Iran ha detto di non prevedere una reazione immediata. Lei ci crede?
“Personalmente non credo che l’Iran voglia arrivare a uno scontro diretto con Israele e a mio modo di vedere lo ha dimostrato in ogni modo. Basta pensare che dopo l’attacco ha provato a smorzare i toni, minimizzando l’accaduto. Credo che il governo dell’Iran stia agendo così per compattare la popolazione interna, riducendo le tensioni all’interno del Paese tra le diverse minoranze che compongono l’eterogenea famiglia iraniana, e anche perché non ha nessuna necessità di scatenare un conflitto diretto con Israele, visto che può contare sui componenti dell’asse della resistenza che possono essere scatenati in qualsiasi momento per colpire lo Stato ebraico e i suoi alleati. Tra l’altro, faccio notare che prima di lanciare il suo attacco contro Israele, l’Iran aveva avvertito con 72 ore di anticipo la Giordania, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e anche gli Stati Uniti, quindi aveva ampiamente preparato Israele ad un attacco che, infatti, non ha prodotto gravi danni”.
Tutti se la prendono con l’Iran per l’attacco di sabato scorso. Ben pochi, però, sottolineano che Teheran aveva risposto al raid a Damasco con cui l’aviazione di Tel Aviv aveva colpito la sede diplomatica di Teheran. Norme internazionali alla mano, il blitz israeliano in Siria è legale?
“Israele ha violato il diritto internazionale bombardando un edificio adiacente all’ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran in cui hanno perso la vita sette persone, tra cui il capo delle operazioni in Siria e Libano e il suo vice. Sostanzialmente ha compiuto un’azione terroristica di Stato ed era comprensibile e legittima la risposta dell’Iran. Tuttavia è bene ricordare che Israele non è nuovo ad attacchi a edifici iraniani, sia all’interno del territorio iraniano che all’esterno. Infatti, negli ultimi anni Israele, attraverso operazioni clandestine, portate a termine dal Mossad spesso in collaborazione con la Cia, ha bombardato centrali elettriche, impianti petroliferi, fabbriche militari e ha compiuto omicidi importanti, tra cui l’uccisione delle figure chiave della ricerca scientifica e del programma nucleare iraniano”.
Ora cosa succederà in Medio Oriente?
“Difficile a dirsi. Siamo su un piano inclinato che conduce verso la guerra. Senz’altro ci sarà un aumento delle tensioni, anche se ci sono diversi attori, tra cui l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, che stanno tentando di smorzare i toni dello scontro al fine di giungere a una stabilizzazione del contesto mediorientale. Detto questo, coloro che possono delineare la traiettoria geopolitica del Medio Oriente sono soprattutto Israele e Iran. Se si riuscisse a risolvere il conflitto nella Striscia di Gaza, allora si potrebbe giungere a un ripristino delle relazioni diplomatiche all’interno del Medio Oriente, ma anche in questo caso, l’antagonismo politico tra Israele e Iran continuerà per anni”.