Il governo contestava il nome della nuova Alfa Romeo, la Milano, perché è francese e costruita in Polonia. Ora Stellantis, proprietaria degli ex marchi Fiat, ha cambiato il nome in Junior. Dunque aveva ragione il governo?
Enzo D’Andrea
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Gentile lettore, non vorrei unirmi alle vaste schiere di esperti d’auto o grandi allenatori di calcio, ma questo in verità è un problema industriale. Tutto nasce dal ministro del Made in Italy Adolfo Urso, che ha definito “illegale” il nome Milano per un’auto francese fabbricata in Polonia. A monte c’è la diatriba sull’Italian sounding, ossia l’uso di nomi che “suonano” italiani dati ad articoli non italiani. Come il Parmesan cheese prodotto in vari Paesi, che richiama il Parmigiano di Parma, anch’esso detto in inglese Parmesan cheese. Con buona pace di Urso, però, l’Italian sounding nel caso dell’Alfa non c’entra niente. Primo, un’auto non è un prodotto della biodiversità di un luogo, come il parmigiano che nasce a Parma o il Cartizze che matura sui colli veneti. Secondo, l’ingegneristica dell’Alfa ha sede a Milano. Terzo, le auto sono prodotti internazionali che si avvalgono di componenti e sovrapposizioni globali. Nessuno protesta se le Dr si vendono come italiane, ma sono fabbricate in Cina e in Molise cambiano solo mascherina e nome. Se la Milano si fosse chiamata London, l’Inghilterra avrebbe protestato? Ma siamo seri. Sa qual è il paradosso? La Meloni, appena fattasi premier, ordinò che le auto tedesche in servizio a Palazzo Chigi fossero sostituite con italianissime Alfa Stelvio. Ora chi dirà a Urso che per la Meloni l’Alfa è italiana, non franco-polacca?
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