Qui è d’obbligo una premessa: personalmente considero Draghi un male assoluto, e non potrebbe essere diversamente dopo aver approfondito in un mio libro la stagione delle privatizzazioni realizzate quando questo signore era direttore generale del Tesoro.
Gioielli pubblici, come Telecom e le autostrade finirono in pancia a dei privati che tirarono via il succo lasciando allo Stato la buccia. Il nostro colosso della telefonia, in particolare, fu acquistato quasi interamente a debito, con i soldi prestati dalle grandi banche americane a Colaninno e Gnutti, che ripagarono parte del credito con lo stesso patrimonio di Telecom, lasciandola così mostruosamente indebitata.
Chi dirigeva il traffico non ebbe nulla da eccepire, d’altra parte in buona compagnia con i poteri di allora, da Palazzo Chigi dove c’era D’Alema alle banche, dai giornaloni ai partiti inginocchiati a quel sistema. Lo stesso Draghi andò poi a lavorare per Goldman Sachs, una delle istituzioni finanziarie che parteciparono a quelle privatizzazioni. Successivamente, da presidente della Bce salvò l’euro dalla speculazione, ma intervenendo tardi, quando sarebbe bastato copiare molto prima la ricetta del “quantitative easing” (immissione di liquidità monetaria) già utilizzata negli Usa.
Uscito da Palazzo Chigi furibondo per la lesa maestà di non essere stato promosso al Quirinale, ora è tornato nei sogni dei soliti noti, che lo vogliono a capo della prossima Commissione europea. Per lanciargli la volata, Renzi si spertica un giorno sì e l’altro pure nelle sue lodi, Repubblica (giornale degli Elkann) scrive che Macron è d’accordo e persino Meloni segue l’Eliseo. Tutte ipotesi senza riscontro, anzi decisamente fantasiose, che però fanno da avviso ai naviganti. Lui, intanto, Mr. Bce, ara il terreno: tiene lezioni, raccoglie premi e annuncia la proposta di un cambiamento epocale per aumentare la competitività dell’Europa.
Niente male per un signore che da quarant’anni ha fatto e disfatto dal vertice di tutto e ora improvvisamente si accorge che tutto è da rifare. Uno spot perfetto, sperando che tanti ci caschino, così il prossimo viaggio in treno da Zelensky con Scholz e Macron glielo facciamo fare con due carichi: dopo le armi pure i nostri soldi.