Mentre la politica italiana si cimenta nella più grande operazione di greenwashing di sempre, con un libro di Del Debbio su Berlusconi, un film su Mediolanum e pure un francobollo, così da costringerci ancora a leccare sul retro il Cavaliere, il più importante gruppo petrolifero del Paese – l’Eni – nemmeno finge di voler diventare più ambientalista e sostenibile.
Il filo diretto tra il capo azienda quasi a vita, Claudio Descalzi (nella foto), e la premier Meloni, consente le operazioni più spericolate, come la vendita dell’Agenzia di stampa Agi, che il cane a sei zampe controllato dal ministro leghista Giorgetti sta per cedere senza gara a un deputato della stessa Lega: Angelucci. Roba da oligarchi al crepuscolo dell’Unione sovietica.
Ma questo non è il peggio del repertorio per il nostro colosso energetico, che ieri ha fatto sapere di poter avviare in pochi anni la prima centrale nucleare a fusione industriale, al cui studio sono impegnati laboratori di ricerca di mezzo mondo. L’obiettivo è di produrre energia attraverso reattori capaci di sviluppare temperature fortissime, al momento vietati in Italia in quanto senza certezze sulla sicurezza.
Questo, però, per Eni è un dettaglio, al pari dei due referendum contro le centrali atomiche. Così il Gruppo chiede nuove norme per autorizzare gli impianti sperimentali, aspettando che il Parlamento decida sulla riapertura dei siti già esistenti proposta da Forza Italia. E pazienza se qui esplodono persino le centrali idroelettriche dell’Enel. La lobby del nucleare ha fretta. E qui si pensa solo a guadagnare.