Addio campo largo, addio campo giusto, addio vittoria. La rottura tra M5S e Pd significa che per i prossimi dieci anni vincerà la destra.
Ornella Pasini
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Gentile lettrice, in altre pagine del giornale trova fatti e commenti sul pasticciaccio brutto di Bari e non solo Bari. Qui vorrei fare un paio di osservazioni. Parto dalla sintesi di Massimo Franco sul Corriere della Sera, un notista politico che non ne ha azzeccata una da quando sa leggere e scrivere. Dice: “Conte rispolvera il logoro primato morale”. Traduco: l’onestà è anticaglia fuori moda. “La questione morale offre pretesti”. Spiego: chiedere che gli alleati non commettano reati penali è una misera scusa. E infine il grave “sospetto” che il M5S aspiri ad essere il maggiore partito dell’opposizione. Inaudito! Reato di lesa maestà! Dimostra “la sublimazione dell’opportunismo” del malvagio Conte. Ora, tornando sulla Terra, qualcuno dovrebbe far notare che il Pd è una cosa nata male, né carne né pesce, un’accozzaglia di gente di destra (vedasi Renzi e residui renziani) sotto una falsa e spudorata etichetta di sinistra (vedasi l’Agenda Draghi, un inno al capitalismo), tanto che del Pd non si conosce un manifesto, un progetto, una sola idea programmatica che non sia la mera conquista del potere. In sintesi, la vittoria delle opposizioni sarà impossibile fin quando ci sarà un Pd che tiene sotto sequestro il 20% dei votanti, costituiti in gran parte da clientele e da ingenui che credono di votare per Berlinguer. In altre parole, come dice Conte, bisogna che il Pd si liberi di “cacicchi e capibastone”. Il problema è tutto lì. È chiedere troppo?
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