Se il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e la premier Giorgia Meloni oggi approveranno un Def soltanto con il quadro tendenziale ed escluderanno quello programmatico è per una serie di errori che hanno commesso loro. Il primo è quello di aver supinamente accettato le nuove regole europee del Patto di stabilità che ci richiederanno una correzione pari ad almeno 12 miliardi di euro, da ottenere con nuovi tagli alla spesa o con nuove tasse, l’altro è appeso all’interlocuzione contabile con Eurostat che solo a giugno ci dirà se i crediti legati al Superbonus dovranno essere classificati nel deficit o nel debito.
Su quest’ultimo punto il Movimento Cinque Stelle, padre del bonus che ha fatto da volano all’edilizia e dunque all’economia, ha spiegato i trucchi contabili del duo Giorgetti -Meloni che hanno fatto schizzare il deficit 2023 oltre il 7%. Disavanzo che è si è impennato, uno, per l’azzeramento della crescita del Pil del Paese, risprofondata allo zero virgola a causa della mancanza di politiche economiche del Governo. Due, per quella che il deputato M5S, Emiliano Fenu, e il senatore Mario Turco, vicepresidente del M5S, hanno bollato come una truffa contabile del ministro Giorgetti, il quale ha imposto a Istat, nonostante le riserve Eurostat, una contabilizzazione farlocca dei crediti d’imposta legati al Superbonus e ai bonus edilizi.
La magagna sul Superbonus
Come ha spiegato Fenu, sperando di avere spazi fiscali futuri, Giorgetti ha voluto contabilizzare questi crediti come ‘pagabili’, ovvero totalmente compensabili con le tasse da pagare. L’effetto è stato di scaricare il peso sugli anni di generazione dei crediti medesimi, in questo caso il 2023. Peccato che tali crediti siano tutt’altro che ‘pagabili’, visto che con l’affossamento del Superbonus e del meccanismo di cessione dei crediti, il Governo non ha risolto il problema del loro incaglio e ha destinato moltissimi di questi crediti a non essere compensati con le tasse. Giorgetti quindi ha distorto la natura dei crediti d’imposta in questione, che in realtà sarebbero da classificare come ‘non pagabili’ con effetti sul deficit soltanto nei limiti in cui si trasformino effettivamente in minori tasse incassate dallo Stato.
I famosi 100 e oltre miliardi di ‘costo’ del Superbonus, tanto allarmisticamente sbandierati dal duo Meloni-Giorgetti, sono quindi, spiegava Fenu, solo un costo teorico che la sciagurata classificazione contabile voluta dal ministro dell’economia ha trasformato in costo effettivo. I trucchi contabili del ministro, dichiarava a sua volta Turco, hanno le ore contate e si arricchiscono sempre più di particolari. Non possiamo aspettare la scadenza di giugno ma è necessario che il ministro sveli i numeri delle compensazioni in modo che già in occasione del Def si possano prendere le opportune e necessarie decisioni e misure correttive. Ma tale operazione trasparenza non è stata fatta e le opportune decisioni non sono state prese.
I numeri aggiornati sul Superbonus
Al 31 marzo – secondo i dati Enea – l’onere totale a carico dello Stato per il superbonus supera i 122 miliardi. Le detrazioni maturate per i lavori conclusi sono pari a 122,24 miliardi. Il totale degli investimenti per il Superbonus ammessi a detrazione supera i 117 miliardi, mentre il totale degli investimenti per lavori conclusi ammessi a detrazione raggiunge i 111,64 miliardi. Che corrisponde al 95,2% dei lavori realizzati. Il totale degli investimenti (comprese le somme non ammesse a detrazione) tocca i 118,84 miliardi. Gli edifici interessati dagli investimenti sono pari a 494.406, di cui 132.492 condomini, 244.682 edifici unifamiliari, 117.224 unità funzionalmente indipendenti e 8 castelli.
La mappa dei lavori
Nei condomini, per i quali l’investimento medio è di 593.579,95 euro, il totale degli investimenti ammessi a detrazione supera i 78 miliardi, di cui 75,16 per lavori condominiali realizzati (93,7%). Negli edifici unifamiliari, per i quali l’investimento medio è di 117.202,55 euro, il totale degli investimenti ammessi a detrazione è di 27,9 miliardi, di cui 27,39 per lavori realizzati (98,2%). Le unità indipendenti, per le quali l’investimento medio è pari a 98.290,70 euro, sono stati ammessi a detrazione investimenti per 11,29 miliardi, di cui circa 11 miliardi per lavori realizzati (91,1%).
Infine i castelli, per i quali l’investimento medio è di 242.212,39 euro, il totale degli investimenti ammessi a detrazione supera il milione, di cui 979 mila euro per lavori realizzati (90,4%). A livello geografico, su un totale di 494.406 asseverazioni depositate, la regione con il maggior numero di interventi e di investimenti ammessi a detrazione è la Lombardia, seguono, per numero di investimenti, l’Emilia Romagna e il Veneto. Peraltro, se la stretta sul Superbonus ha aiutato a contenere la spesa, ha avuto però l’effetto collaterale di rallentare gli investimenti nell’edilizia, pesando sul Pil, ha spiegato qualche giorno fa Bankitalia, aggiornando le sue previsioni economiche.