Prima la Meloni ha querelato Luciano Canfora. Adesso il cognato, Lollobrigida, ha querelato la professoressa Donatella Di Cesare. Questo governo vive di prepotenze.
Elsa Brabanti
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Gentile lettrice, in verità la Meloni querelò Canfora poco prima di diventare premier, ma la sostanza non cambia. Lo storico definì Meloni “neonazista nell’anima schierata coi neonazisti ucraini”. È una classe politica in gran parte proveniente dal neofascista Msi nato nel dopoguerra, e si vede. Gli attacchi al libero pensiero non si contano. Il Domani querelato da Giorgetti, La Notizia attaccata ripetutamente da rappresentanti del governo. Querelati perfino Il Tempo e Il Giornale, che scodinzolano al cospetto della Meloni. La filosofa Di Cesare è nel mirino del “cognato ministro” perché commentò le sue frasi sulla sostituzione etnica osservando che “il nazismo fu un progetto di rimodellamento etnico e il mito complottistico della sostituzione etnica era già nelle pagine del Mein Kampf”. Ciò che indigna di più è l’evidente disparità di posizione tra un ministro e un cittadino ordinario. Sarebbe ragionevole che il querelante, se protetto da immunità, fosse obbligato a spogliarsene. Se c’è una cosa che invidio all’America, è la devozione al primo emendamento della Costituzione. Lì, in nome della libertà di parola, è quasi impossibile per un politico querelare un cittadino. I Presidenti americani sono abituati a sentirsi insultare sui social o in tv e non querelano mai: l’opinione pubblica non accetterebbe che il pensiero di un cittadino, foss’anche espresso con frasi ingiuriose, venisse soffocato da un politico. Chapeau.
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