Sembra ormai a un passo la vendita dell’Agi al deputato della Lega ed editore Angelucci. Sul punto il Movimento 5 Stelle si è detto contrario. Dario Carotenuto, deputato M5S e componente della Vigilanza Rai, cosa c’è che non va in questa trattativa?
“Non si tratta di essere contrari e basta. Noi siamo profondamente preoccupati, siamo preoccupati da come la politica si impossessi nel senso proprio del termine dell’informazione in tutti i suoi ambiti. Non è accettabile che un’azienda pubblica particolarmente solida come Eni, che di certo non ha esigenza di vendere o di far cassa, decida di aprire una trattativa con un deputato della Lega per cedere un’agenzia di stampa. Le agenzie sono custodi dell’informazione primaria, hanno un compito molto delicato. E metterle sotto il cappello del potere politico è un atto inquietante”.
Perché operazioni come questa non fanno bene alla libera Informazione?
“I primi a essere inquieti sono i giornalisti dell’Agi, che temono per la propria indipendenza oltre che per la propria stabilità economica. Voglio esprimere loro che hanno scioperato e manifestato nei giorni scorsi, a nome mio e di tutto il Movimento 5 Stelle, un pieno sostegno e vicinanza. Aggiungo quindi che se chi fa editoria fa anche politica in prima persona c’è un evidente problema di conflitto di interessi, esiste un problema enorme che riguarda i giornalisti dell’Agi ma riguarda allo stesso modo tutti noi. E poi tutto questo danneggia in maniera drammatica la credibilità di tutto il sistema mediatico. I cittadini perdono necessariamente fiducia nel mondo del giornalismo davanti a scenari di questo tipo e questo rende più fragile la nostra democrazia. Significa aprire la strada all’inquinamento del dibattito, significa delegittimare l’informazione, che è pericolosissimo”.
La compravendita dell’Agi ripropone il problema degli editori puri, sempre più rari, e di quelli impuri che in quanto portatori di interessi sollevano problemi di credibilità per l’intero settore. Come mai non si riesce ad arginare il problema?
“È un tema di cultura imprenditoriale e politica innanzi tutto. Ed è un tema che è certamente retaggio del berlusconismo, un retaggio che non abbiamo mai superato. Nel nostro Paese gli editori puri non esistono, salvo alcuni rari casi. Chi fa informazione lo fa spesso per difendere o rilanciare i propri interessi economici. È un cortocircuito vizioso. Sicuramente servirebbe una normativa più rigida per impedire determinate concentrazioni editoriali e alcuni conflitti di interesse, ma questo è solo un aspetto del problema”.
Le destre controllano la Rai, tutto Mediaset e una sfilza di giornali amici. Per tutti gli altri invece prevedono il bavaglio. L’obiettivo è imbrigliare i media?
“La destra ha uno strapotere assoluto perché guida gruppi economici molto strutturati che da anni vivono di questo conflitto di interessi. Parliamo di gruppi editoriali che hanno spesso un approccio quasi militante. Il binomio Angelucci-Berlusconi è un pilastro della costruzione del consenso, parliamo di soggetti evidentemente schierati nelle scelte editoriali che vengono quotidianamente realizzate. Basti ricordare che il direttore di Libero è l’ex portavoce di Giorgia Meloni, ma anche le campagne – spesso feroci – portate avanti da certi conduttori di Rete 4 contro i migranti. E chi dimentica gli attacchi alla magistratura durante i processi del fondatore di Forza Italia? La realtà è che parliamo di palinsesti il cui obiettivo in passato era far leva sulla paura e che a questo abbinano oggi una sorprendente capacità di essere megafono delle scelte di alcuni ministri e della stessa presidente del Consiglio. Tutto questo è un danno per il sistema democratico, indiscutibilmente. Significa infatti meno pluralismo, meno voci, meno punti di vista. Vuol dire raccontare solo una certa società, solo determinate opinioni. Poi a questo aggiungiamo l’atteggiamento predatorio in Rai: conduttori e giornalisti amici a presidiare tutti gli spazi. Hanno applicato lo spoil system alle testate giornalistiche e ai programmi radio-televisivi. L’obiettivo è proteggere il proprio potere e condizionare l’informazione”.
Qual è il suo giudizio sulle mosse del governo Meloni in fatto di libertà di Stampa?
“L’intervento sulle intercettazioni può creare un cortocircuito. E poi ogni occasione sembra buona per mettere in discussione il lavoro dei cronisti. Aggiungo poi che le querele rivolte a quei personaggi pubblici che esprimono posizioni di dissenso puzza di regime. Usare l’arma della querela nei confronti di intellettuali e giornalisti che attaccano, certo anche duramente, esponenti di governo è sintomo di debolezza. Chi detiene il potere e ha l’onere di rappresentare le istituzioni non può gestire il dissenso a colpi di denunce. Invece questa sembra davvero una sgradevole abitudine di Giorgia Meloni e dei suoi ministri. Tra l’altro è qualcosa che viene fatta in maniera indistinta contro cronisti di profili culturali molto diversi fra loro”.
Il Movimento 5 Stelle è da sempre attento al tema della libertà di stampa. Secondo voi cosa si dovrebbe fare per ridare credibilità al settore?
“Innanzi tutto una legge sul conflitto di interessi, perché quello è lo snodo di credibilità fondamentale. La legge Gasparri, oltre a essere una legge piena di storture e pensata su misura per Berlusconi, è una legge ormai vecchia e parla di un sistema che non esiste più. Poi servono dei meccanismi per agevolare gli editori pure, le leggi possono sostenere delle pratiche virtuose ma non possono cambiare completamente il sistema. E poi serve intervenire sulla Rai, che è sempre di più una sorta di tenuta di caccia dei partiti. Togliere il legame fra Rai e governo passa da un necessario intervento: smontare la legge Renzi che prevede la nomina dell’amministratore delegato sia appannaggio del Consiglio dei ministri. Una norma che tra l’altro cozza evidentemente con le norme europee sulla libertà di stampa”.