Con il nuovo scambio di artiglieria al confine con il Libano, Israele sembra prepararsi ad aprire un nuovo fronte militare. Che questa sia più che un’eventualità lo ha detto chiaro e tondo il ministro della Difesa di Tel Aviv Yoav Gallant, fedelissimo di Benjamin Netanyahu, rivelando che lo Stato ebraico “sta espandendo le operazioni contro Hezbollah, e contro altri organismi che ci minacciano”.
Il ministro, parlando con il Times of Israel, ha poi aggiunto che “colpiremo i nostri nemici in tutto il Medio Oriente” anche se Tel Aviv preferirebbe arrivare a “un accordo” con Hezbollah che “porti all’eliminazione della minaccia” ma “dobbiamo prepararci alla possibilità di usare la forza in Libano e capire che questo può accadere”. Ma quelle di Gallant non sono soltanto parole perché la realtà è che il fronte con Hezbollah è sempre più rovente.
Proprio ieri le forze di Tel Aviv, secondo quanto riferiscono i media libanesi, avrebbero condotto una serie di attacchi utilizzando anche una sessantina di “bombe incendiarie al fosforo” il cui uso nelle aree popolate da civili è vietato dal diritto internazionale.
Netanyahu non si ferma più
A rendere il clima nell’area ancor più infuocato, anche le conseguenze dell’attacco israeliano a Gaza con cui sono stati uccisi sette operatori della ong World Central Kitchen. Un raid che Netanyahu ha provato a sminuire affermando che “sono cose che capitano in tempo di guerra” ma su cui è arrivata la dura presa di posizione di Joe Biden che, con una nota, si è detto “indignato e addolorato” per questa strage.
Lo stesso presidente americano ha poi bacchettato il governo di Tel Aviv affermando che “Israele non ha fatto abbastanza per proteggere gli operatori umanitari che cercano di fornire ai civili l’aiuto di cui hanno disperatamente bisogno” e “non ha fatto abbastanza neppure per proteggere i civili”. “Ancora più tragicamente questo non è un incidente isolato” ha concluso Biden, di fatto scaricando il suo scomodo alleato.