“Sorprende lo stop dell’Anac: è come se pezzi di Stato remassero contro l’interesse nazionale“. Con il solito trucco di non meglio precisate “fonti” il ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini si scaglia contro l’Autorità nazionale anticorruzione. La colpa dell’Anac per il leader della Lega sarebbe avere fatto ciò per cui è stata inventata ovvero muovere rilievi sulla trasparenza dell’appalto che sta dietro alla diga foranea di Genova, la più importante infrastruttura finanziata dal Pnrr, più precisamente dal fondo nazionale complementare.
Anac ha evidenziato l’“omessa motivazione nell’utilizzo della procedura negoziata senza bando”, il “mancato aggiornamento dei prezzi” e l’“alterazione delle condizioni” tra la prima procedura, andata deserta per i costi troppo alti, e quella successiva. Nei mesi di governo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i suoi ministri hanno vissuto i rilievi delle istituzioni e delle autorità sempre come uno sgarbo alla Patria. È accaduto con la Corte dei conti, è accaduto con l’Ufficio di bilancio del Parlamento, accade con l’Anac e accade con i tribunali che sottolineano l’illegalità dei provvedimenti.
Convinti di essere patria Meloni, Salvini e compagnia cantante sognano pieni poteri in cui i componenti dello Stato siano camerieri e incensatori, con il Parlamento ridotto a pulsantificio e gazzarra per sollazzare il pubblico a casa e con il Presidente della Repubblica limitato agli eventi con prosecco e patatine. Piccolo particolare inquietante: questi sono gli stessi che da mesi ci rassicurano sulla riforma del premierato che – dicono – porterebbe solo benefici. A ciascuno le giuste considerazioni.