La situazione delle imprese italiane rischia di diventare critica. Il XII Rapporto sulla competitività dei settori produttivi dell’Istat evidenzia tutte le problematiche del tessuto delle aziende nel nostro Paese, sottolineando come la recessione tedesca, l’inflazione e i tassi troppo alti rischiano di mettere in ginocchio il sistema.
Secondo l’istituto di statistica, se i tassi non scenderanno un quarto delle 800mila imprese italiane andrebbe in sofferenza, soprattutto nel settore terziario. E le condizioni di finanziamento per le imprese sono già molto peggiorate, come registrato da quelle manifatturiere nel 2022 e nel 2023 soprattutto a causa dell’aumento dei tassi d’interesse.
A questo si aggiunge uno scenario internazionale caratterizzato da una forta incertezza per le tensioni geopolitiche globali e per gli effetti della politica monetaria restrittiva. La crescita globale, soprattutto quella europea, rallenta. Soprattutto in Germania, con la recessione che ha colpito il nostro primo partner commerciale. Una tempesta perfetta per le imprese italiane.
La recessione tedesca affossa le imprese italiane
Uno dei problemi principali per le imprese italiane è quello del calo delle esportazioni, legato a un ridimensionamento degli scambi commerciali nel mondo. L’esportazione dei beni italiani ha rallentato del 3,7%, mentre le importazioni dell’1,5% e di conseguenza il calo del Pil è stato dello 0,8%.
Solo la Germania vale per l’Italia un punto in meno di export oggi, per un impatto negativo sul Pil dello 0,2%. La contrazione della domanda tedesca è differenziata in base ai diversi settori: il peggiore è quello della manifattura (-0,6%), ma il calo è stato netto anche per la metallurgia (soprattutto per le piccole e medie imprese) e per le medie imprese del settore chimico e farmaceutico.
L’impatto dell’inflazione
Oltre al rischio legato ai tassi troppo alti e al calo delle esportazioni, c’è un altro problema per le imprese italiane, derivante dagli effetti dell’inflazione. Ciò che si è creato, spiega l’Istat, è un divario tra l’andamento degli scambi in valore e in volume. Ovvero i prezzi sono più alti, così il volume dell’export cambia poco, ma la quantità è nettamente ridotta.
Per esempio sui macchinari l’aumento di valore è stato dell’8,8%, ma il volume degli scambi è sceso del 2,9%. Per l’alimentare il valore è cresciuto del 7% e il volume è diminuito del 3,1%. Idem per le bevande: +2,1% di valore e -4,4% di volume. Anche in altri settori, seppur con dati in negativo anche per il valore, si registra un netto divario: dalla farmaceutica alla carta, passando per il legno.