Era il dicembre dello scorso anno quando l’ex segretario della Lega Lombarda, Paolo Grimoldi in un fuori onda mandato in onda da Piazzapulita, la trasmissione di La7, rivelava che i leghisti più amati nei sondaggi sono Massimiliano Fedriga, Luca Zaia, Giancarlo Giorgetti e Attilio Fontana. Persino “Fontana, che ha il carisma della mia tartaruga, ha superato Matteo Salvini per gradimento”, diceva. E aggiungeva: “Se arrivi quinto non serve un politologo per capire che se a capo della Lega mettiamo il primo o il secondo o il terzo magari due voti in più li pigli”. E sulle prossime elezioni europee si chiedeva “se conviene votare la Lega”, che è “insieme a un gruppo di scappati di casa nazisti” e che “sarà ancora all’opposizione”, invece di FI e di FdI.
Nonostante il crollo nei consensi i big della Lega fanno a gara a defilarsi nella corsa per la leadership
Ma che la leadership di Salvini traballi non lo dice solo Grimoldi è una realtà certificata dai fatti. A partire dalla costituzione del gruppo di lavoro che il consiglio federale del partito di via Bellerio ha deciso di mettere in piedi per stendere il programma e decidere dunque la prossima linea politica da tenere. Dentro ci saranno, tra gli altri, i due capigruppo alla Camera e al Senato, Alberto Bagnai, Armando Siri, Marco Campomenosi, Marco Zanni, Giorgetti, Fedriga. Una sorta di direttorio che prelude secondo alcuni osservatori a una gestione collegiale del partito che potrebbe entrare in scena dopo il voto di giugno.
Quello che però qui preme sottolineare è che, tralasciando il ministro dell’Economia, i governatori citati da Grimoldi a suo tempo – a partire da Zaia e Fedriga – che superano Salvini in termini di affidabilità e gradimento, non hanno alcuna intenzione di mettersi in gioco e di prendere in mano le redini di un partito che alle europee rischia – altro che raggiungere la doppia cifra – di essere superato dagli azzurri capitanati da Antonio Tajani. Vuoi per vigliaccheria, vuoi per non sporcarsi le mani ora, preferirebbero dunque cuocere a fuoco lento Salvini e rinviare la resa dei conti a dopo le elezioni. Interrogato sui suoi progetti, Zaia non riesce a volgere al momento lo sguardo oltre l’orizzonte della regione Veneto che governa. “Resto concentrato sulla mia azione amministrativa”.
Idem il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. Interpellato sulla possibile candidatura al posto di Salvini, Fedriga ha ribadito il suo “no” perché, ha spiegato, “ho sempre detto che non voglio il suo posto e non ne sarei all’altezza”. Difficile credergli considerando che tanto Fedriga quanto Zaia non condividono nulla della linea salviniana. Né l’uno né l’altro hanno partecipato al raduno nero con le destre sovraniste europee. E questo mentre cresce il malcontento della base verso Salvini. Venerdì sera a Monza è apparso il drappo – com’era accaduto a Pontida meno di un mese fa – con su scritto: “La base leghista non è contenta… Il cerchio magico non ci rappresenta!”, e la richiesta di “congresso subito”. E vicino al drappo è stata fissata una ramazza, chiaro richiamo alla famosa notte delle scope: l’oggetto stava per la richiesta di pulizia, guidata da Roberto Maroni, contro il cerchio magico di Umberto Bossi.
Oggi il cerchio contestato è quello di Salvini. Perché di fronte a tutto questo non si facciano avanti Zaia o Fedriga rimane un rebus irrisolto. Il tempo dirà se per vigliaccheria o per strategia nell’attesa del momento giusto per gettarsi nella mischia.