I Maestri dell’orchestra della Scala dicono garbatamente (ma fermamente) “no” al diktat del governo Meloni sul cambio al vertice del teatro. Con una missiva diretta la sindaco Beppe Sala (presidente della Fondazione Scala) il 95% degli orchestrali hanno chiesto infatti che venga prorogato di due anni il contratto al sovrintendente Dominique Meyer, in scadenza il prossimo febbraio.
I Maestri dell’orchestra della Scala chiedono che venga prorogato di due anni il contratto al sovrintendente Dominique Meyer
Nella nota i professori esprimono “preoccupazione per le continue indiscrezioni giornalistiche sul futuro del teatro” e ritengono “che in questo momento sarebbe opportuno che l’attuale sovrintendente e direttore artistico Dominique Meyer potesse concludere il mandato nel pieno delle sue funzioni per quanto già programmato per la stagione prossima e quella successiva”. “In considerazione delle difficoltà occorse durante il periodo di emergenza per la pandemia – concludono -, una proroga al mandato permetterebbe di concludere compiutamente un valido percorso artistico”.
Infuria il domino dei sovrintendenti innescato dalle dimissioni forzate di Carlo Fuortes dai vertici della Rai
La lettera arriva proprio mentre infuria il domino dei sovrintendenti innescato dalle dimissioni forzate di Carlo Fuortes dai vertici della Rai. In cambio della liberazione della poltrona di viale Mazzini, il governo Meloni aveva promesso a Fuentes la direzione di un importante teatro lirico. E la prima scelta era caduto proprio sulla Scala. Ipotesi però tramontata a maggio scorso. Così si è aperto il grande sudoku dei teatri, reso ancora più complicato dal fatto che dopo tre sovrintendenti stranieri, il ministro Sangiuliano ha ordinato che alla Scala sieda un sovrintendente italiano.
Nell’ultimo cda (o meglio alla riunione informale dopo l’ultimo cda) pareva ormai fatta la scelta di nominare sovrintendente Fortunato Ortombina, attuale guida della Fenice (gradito a Sangiuliano), il quale sarebbe sostituito a Venezia dall’attuale sovrintendente del Lirico di Cagliari, Nicola Colabianchi, altro maestro assai gradito a Fratelli d’Italia ma dai risultati poco brillanti in termini di gestione. La scelta di Ortombina dovrebbe essere ufficializzata alla prossima riunione del consiglio di amministrazione, fissata per l’8 aprile. E a questo ponto che è arrivato il colpo di scena dell’orchestra, la cui richiesta è che la nomina del successore di Meyer valga dal 2027, anno in cui scadrà anche il contratto del direttore musicale Riccardo Chailly (firmato fino al 2025 più due anni di proroga). In pratica i Maestri hanno chiesto al sindaco un moto di indipendenza rispetto ai “desiderata” del Ministro e del governo.
La risposta di Sala è arrivata quasi in tempo reale: “Io non faccio commenti, perché non è una decisione che prendo da solo. Il consiglio di amministrazione è sovrano e indipendente, credo quindi sia giusto confrontarmi con il Cda, cosa che avverrà l’8 aprile””, ha detto, “Quindi fino ad allora non dirò nulla, ne parlerò in consiglio e vediamo il consiglio cosa ne pensa”.
La decisione sul nuovo vertice scaligero non può slittare oltre il prossimo 8 aprile
Ma ieri ha parlato anche la Fistel Cisl e non certo con toni benevoli. Premettendo che non intende “in alcun modo esprimere pareri e giudizi sul nome del prossimo sovrintendente” perché questo compito spetta “in piena autonomia al Consiglio”, il sindacato ha puntato il dito sul sistema gestionale del teatro. Per la Cisl è “necessaria una nuova forma organizzativa per garantire un migliore coordinamento dei settori e delle attività che punti a tenere alti gli standard qualitativi senza appesantire i livelli produttivi, ormai al limite della sostenibilità, con gravi ripercussioni sui carichi di lavoro così come è avvenuto negli ultimi tempi”.
Tradotto: il sindacato ritiene conclusa l’epoca del sovrintendente che ha anche il compito di direttore artistico e direttore generale. Sono numerose le critiche mosse dalla Cisl, dalle esternalizzazioni per la realizzazione di scenografie o costumi al progetto della Scala in città, “finanziato, sciaguratamente, con le risorse che dovevano essere destinate alle attività culturali dei quartieri di Milano, non ha prodotto risultati soddisfacenti in quanto a partecipazione di pubblico e alla validità della proposta, ma ha, invece, comportato inutili sacrifici da parte di artisti e maestranze”.