Nelle scorse ore il ministro Pichetto Fratin ha confermato che non è arrivata nessuna autocandidatura per ospitare il deposito delle scorie nucleari. Claudio Marotta, consigliere regionale di Avs, il rischio che venga scelta il territorio della Tuscia dopo il ritiro del comune di Trino Vercellese è particolarmente alto?
“Questa è una notizia che ovviamente getta allarme. Noi, proprio mercoledì scorso, avremmo dovuto discutere in Consiglio regionale una mozione per rinnovare l’impegno, già assunto dalla Regione nella passata legislatura, di opporsi all’installazione del deposito nazionale nel territorio del Lazio e per la tutela della Tuscia. La nostra mozione, intanto, verrà discussa nei primi giorni di aprile in Consiglio regionale. È evidente che il ritiro della candidatura del Comune di Trino pone un ulteriore allarme, che già ha attivato la mobilitazione popolare. È un segnale che non può passare inosservato. Per questo abbiamo deciso, con le altre forze politiche, di aggiornare la nostra mozione per permettere la stesura di un atto che tenga conto della mancanza di una autocandidatura e che sollevi ancora maggiore attenzione. Quindi sì, il ritiro del Comune di Trino è stata una pessima notizia che deve farci attrezzare per una difesa ancora più attenta”.
Cosa chiede esattamente la mozione che avete presentato?
“Chiediamo alla Giunta di prendere tutte le iniziative utili per scongiurare la realizzazione del deposito nelle 21 aree idonee individuate nella Regione Lazio. È una richiesta che parte dal bisogno di rispettare le scelte delle comunità locali, il diritto alla autodeterminazione e alla salvaguardia dei territori. Tutti principi che sono riconosciuti e tutelati anche dal nostro statuto regionale. Chiediamo al presidente Rocca di impegnarsi nel fare quanto annunciato in campagna elettorale, ovvero scongiurare l’arrivo del deposito nel territorio della Regione. Bisogna dare continuità al lavoro e fare quanto già espresso, nella scorsa legislatura, con diversi atti. Invitiamo, per questo, tutte le forze politiche ad un impegno corale per salvare la Tuscia da questa ipotesi sciagurata”.
Cosa può fare concretamente Rocca per dar seguito alla vostra richiesta?
“Quello dell’individuazione del sito per il deposito nazionale è un percorso ancora lungo. Il presidente Rocca – e non solo lui, ma tutte le forze politiche in Consiglio regionale e in Parlamento – devono impegnarsi per far sì che un territorio, già vessato da problemi di inquinamento ambientale, non venga pregiudicato da ulteriori problemi. Bisogna esercitare tutte le pressioni necessarie sul Governo, affinché la Tuscia non venga penalizzata”.
Da Rocca e in generale dalla destra state vedendo sensibilità sul tema? Pensate che avrete sostegno in questa battaglia?
“È già successo nella passata legislatura, su questi temi c’è stata una discreta trasversalità. In più, per volontà mia e di altri consiglieri, abbiamo predisposto una nuova mozione che tenga insieme tutti”.
La Tuscia è più a rischio solo per una questione di probabilità, con 21 siti su 51 totali in Italia, o ci sono anche altri elementi?
“Di quanto il Mase e la Sogin stiano vagliando le aree già idonee non ho notizia. Diciamo, però, che le dichiarazioni e le interviste rilasciate a mezzo stampa dai vertici della Sogin in questi ultimi giorni non penso vengano a caso. Quindi, oltre ai numeri, ci sembra ci sia un’attenzione pubblica della Sogin sull’area della Tuscia che ci preoccupa. Ad ogni modo anche i numeri contano: inserire 21 aree in 14 comuni nel viterbese – su 51 possibili aree individuate a livello nazionale – sembra quasi voler essere l’antipasto di una scelta già, in parte, maturata, ma a cui non ci arrenderemo facilmente”.
Resta il problema di individuare un luogo per il deposito: non si rischia di seguire la semplice logica del “non nel mio giardino”?
“Io svolgo il mio ruolo di rappresentanza dei cittadini del Lazio nel Consiglio regionale e, per questo, difendo le comunità territoriali e le amministrazioni locali e ne prendo le loro parti. L’individuazione di un sito idoneo è un problema di natura nazionale e sarà chiamato il Governo a fare le scelte doverose. Per noi è chiaro che scegliere la Tuscia vorrebbe dire ignorare la voce delle comunità locali e segnare un territorio che già ha un’incidenza alta in termini ambientali. La provincia di Viterbo fronteggia, infatti, un alto impatto di fenomeni di inquinamento diffuso: una questione che riguarda la salute pubblica e la salvaguardia delle falde acquifere e degli ecosistemi. La tutela della biodiversità, in un territorio in cui esistono riserve naturali, con paesaggi di pregio e siti archeologici e turistici, dovrebbe essere centrale nel modello di sviluppo presente e futuro. Questo, di pari passo alla produzione agricola di qualità che rende la Tuscia una eccellenza della nostra Regione. Tutto ciò, non può e non deve essere messo in pericolo”.