Nel 2023 gli atti intimidatori diretti contro i giornalisti in Italia sono stati 98, in diminuzione dell’11,7% rispetto ai 111 episodi segnalati nel 2022. Di questi, 12 sono stati ricondotti direttamente a contesti di criminalità organizzata (il 12,2%) e 40 a contesti politico/sociali (40,8%). A dirlo, sono i dati contenuti nel report “Atti intimidatori nei confronti di giornalisti nel 2023”, realizzato dal Servizio di analisi criminale della Direzione centrale della polizia criminale, presentato ieri a Roma, in occasione del meeting dei “Focal Points nazionali” nell’ambito del Progetto Osce sulla sicurezza dei giornalisti in Europa.
Nel 2022 si sono verificati anche 19 casi di aggressioni fisiche e 17 verbali nei confronti di giornalisti
Oltre un anno di lavoro durante il quale – sotto l’egida Ocse – si sono identificate e raccolte le buone pratiche, esistenti o pianificate, per tutelare la sicurezza dei giornalisti in tutti i paesi Ue, al fine di formulare raccomandazioni concrete valide per tutti i paesi europei. “Il progetto sulla sicurezza è stato lanciato nel 2002 e hanno aderito 57 Paesi”, ha spiegato la rappresentante per la Libertà di Stampa Osce, Teresa Ribeiro, “La libertà di stampa è caposaldo della democrazia e la libertà dei media è strettamente legata alla sicurezza dei giornalisti”.
Ma cosa dicono i dati italiani? L’estrema sintesi è che il 2023 è andato meglio dell’anno precedente, con una diminuzione delle minacce ai cronisti. Ma la situazione resta tutt’altro che rosea. Secondo il report, le regioni più “rischiose” per i cronisti sono il Lazio e la Lombardia, seguite da Campania, Calabria e Sicilia, con 68 episodi complessivi, pari al 69,4% del totale. Quanto alle aree metropolitane, le città più a rischio sono Roma (17 eventi intimidatori) e Milano (15), seguite da Reggio Calabria (8) e Napoli (6). In generale sono stati gli uomini quelli presi di mira, 71 su 92, ma si sono registrati anche 21 casi nei quali l’oggetto della minaccia era una donna. Un terzo circa degli atti intimidatori si sono consumati attraverso il web, 30 (30,6%), in prevalenza su Facebook (13 episodi) e via e-mail (8). Poi ci sono stati gli atti materiali, quelli più gravi.
Nel 2023 sono state 98 le intimidazioni. A 21 croniste rivolti anche insulti sessisti
Le aggressioni fisiche sono state 19; le minacce verbali 17; i danneggiamenti 12; le scritte ingiuriose e/o minacciose 9; le missive 7. Naturalmente, non poteva mancare la “vecchia scuola”, cioè l’invio di oggetti/proiettili/parti di animali, 4 i casi. “La maggior parte delle intimidazioni ai giornalisti sono di natura sociopolitica e una parte minore sorgono nel contesto del crimine organizzato”, ha spiegato Stefano Delfini, direttore del Servizio Analisi Criminale, “queste ultime vengono tenute in grande considerazione per la loro pericolosità”. Particolare attenzione, poi, è stata posta sulle intimidazioni che hanno avuto come oggetto le donne: “Guardiamo con grande attenzione alle minacce verso le giornaliste che spesso contengono insulti sessisti e sono quindi una duplice offesa: alla giornalista e alla donna”, ha aggiunti Delfini, il quale ha poi sottolineato come in generale “sia molto importante che queste minacce vengano sempre denunciate”.
Secondo il report della Polizia in mezza Italia chi fa informazione con coraggio rischia grosso
“In Italia si è cercato di dare un senso concreto al dettato costituzionale” della libertà di stampa “anche con la creazione di un modello di cooperazione e confronto tra Istituzioni e mondo dell’informazione”, ha gli ha fatto eco Raffaele Grassi, vicedirettore generale della Pubblica sicurezza. Presso il ministero dell’Interno, ha spiegato, “è stato istituito il Centro di coordinamento delle attività di monitoraggio sugli atti intimidatori ai giornalisti, presieduto dal ministro dell’Interno. Poi è stato costituito l’organismo permanente di supporto. Sono due tavoli, uno strategico e uno operativo, che rappresentano la sede privilegiata di confronto tra mondo dell’informazione, ministero e vertici delle Forze di polizia”.