“Prima della guerra Gaza era una grande prigione a cielo aperto, oggi è un grande cimitero a cielo aperto, anche per quello che riguarda il rispetto delle regole internazionali”. Parola dell’alto rappresentante e capo della politica estera dell’Ue Josep Borrell (nella foto) arrivando ieri al Consiglio Ue. “Un cimitero per decine di migliaia di persone, e anche per molti dei più importanti principi del diritto umanitario”. “È arrivato il momento di fare qualcosa”, ha detto aggiungendo che spera che sia possibile arrivare all’accordo politico per sanzioni ad Hamas e ai coloni violenti in Cisgiordania.
Gaza da prigione a cimitero a cielo aperto. L’Ue se n’è accorta dopo 5 mesi
Parole più che condivisibili quelle dell’alto rappresentante Ue. Ciò che stona, però, sono “solo” le tempistiche. Il conflitto tra Israele e Palestina, come noto, è scoppiato il 7 ottobre 2023 dopo il violento, drammatico e criminale attacco di Hamas. Tutto ovviamente condannabile, ci mancherebbe. Ma è altrettanto vero che l’atteggiamento vendicativo di Israele è apparso subito spropositato e nessuno, però, ha detto o fatto nulla. Legittimando dunque la violenza della risposta di Tel-Aviv. Non solo: il fatto stesso che oggi Borrell dica che si rischia di fatto un genocidio fa intendere come anche la lettura, evidentemente troppo permissiva, dell’Ue nei confronti di Israele è stata forse sbagliata.
La questione non è così secondaria. Per varie ragioni. Innanzitutto Borrell, nel suo intervento, ha toccato anche un altro tema non secondario. Il responsabile della politica estera dell’Ue e il commissario europeo per la gestione delle crisi, Janez Lenarcic, hanno infatti esortato Israele ad aprire “più punti di accesso” alla Striscia per far entrare a Gaza gli aiuti: “La situazione è andata oltre la catastrofe. C’è l’imperativo assoluto di agire ora”, hanno dichiarato in una nota. I due funzionari dell’Ue hanno anche affermato che la fame “non può essere usata come arma di guerra”, definendo la situazione un “disastro provocato dall’uomo” ed “è nostro dovere morale fermarlo”. Insomma, un chiaro ed inequibocabile atto d’accusa nei confronti della politica di Benjamin Nethanyahu.
Per il Rappresentante della politica estera dell’Ue Borrell, Israele sta usando la fame e la carestia come mezzo di guerra
Il punto, però, è che la loro posizione non è stata condivisa da tutti. Anche in Italia. Basta ricordare, su tutte, la posizione del ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani. “Il responsabile della guerra è Hamas. Detto questo, sono mesi che noi diciamo che Israele deve tenere conto della situazione della popolazione civile. Dire questo non significa essere contro Israele. Israele ha il diritto ad esistere”. Queste le dichiarazioni del ministro in un punto stampa a margine del Consiglio Ue tenutosi ieri a Bruxelles. Le domande si sono concentrate sulla situazione a Gaza e in particolare proprio sull’affermazione dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri. Tajani si è dichiarato inoltre colpito dall’aggressività che c’è “nei confronti dei cittadini di religione ebraica”.
Il riferimento è a quanto “successo al direttore di Repubblica all’Università di Napoli, qualcosa di inqualificabile”, riferendosi alle contestazioni di un gruppo di studenti che hanno impedito a Maurizio Molinari di intervenire a un dibattito organizzato dall’ateneo napoletano. “In una democrazia si può manifestare, ma manifestare non significa impedire agli altri di manifestare o di parlare” ha sottolineato ancora Tajani.
Dall’inizio del conflitto si contano 31.645 morti e 73.676 feriti. Numeri ritenuti attendibili dalle Ong
Al di là delle parole restano i fatti. È salito a 31.645 morti e 73.676 feriti il bilancio delle vittime dall’inizio delle operazioni delle Forze di difesa israeliane (Idf) nella Striscia di Gaza il 7 ottobre 2023, giorno dell’attacco del movimento islamista palestinese Hamas in Israele. Lo ha reso noto il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas. Cifre – è bene ribadirlo – che anche osservatori esterni ritengono affidabili. Non è un caso d’altronde che nel loro punto stampa Borrell e Lenarcic hanno sottolineato un altro aspetto: ad oggi il 100% della popolazione di Gaza può essere considerata, per le politiche di Israele, in stato di carestia.