Brutte notizie per Giorgia Meloni dalla Corte europea chiamata a pronunciarsi dal Viminale dopo che la Cassazione aveva rinviato tutto a Strasburgo a proposito di un ricorso sulle procedure accelerate di frontiera compresa la cauzione da 5mila euro che l’Italia vorrebbe applicare anche nei rapporti con l’Albania. Ora il memorandum firmato dalla presidente del Consiglio con il presidente albanese Edi Rama è a rischio. Per il verdetto potrebbero servire diversi mesi dopo che da Strasburgo è arrivato il rifiuto di trattare la questione con urgenza.
La Corte europea boccia la procedura accelerata di frontiera. Ora è a rischio pure il memorandum per i rimpatri in Albania
La Cassazione chiedeva “se la direttiva “2013/33/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale”, ostino “a una normativa di diritto interno che contempli quale misura alternativa al trattenimento del richiedente (il quale non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente), la prestazione di una garanzia finanziaria il cui ammontare è stabilito in misura fissa anziché in misura variabile, senza consentire alcun adattamento dell’importo alla situazione individuale del richiedente, né la possibilità di costituire la garanzia stessa mediante l’intervento di terzi, sia pure nell’ambito di forme di solidarietà familiare, così imponendo modalità suscettibili di ostacolare la fruizione della misura alternativa da parte di chi non disponga di risorse adeguate, nonché precludendo la adozione di una decisione motivata che esamini e valuti caso per caso la ragionevolezza e la proporzionalità di una siffatta misura in relazione alla situazione del richiedente medesimo”. Il quesito è però arrivato ben dopo i tempi stabiliti.
Il Viminale aveva chiesto alla Cedu di pronunciarsi dopo che la Cassazione aveva rinviato tutto a Strasburgo a proposito di un ricorso sulle procedure accelerate di frontiera
“Per la Corte di Giustizia non si tratta quindi di una questione da affrontare con procedura di urgenza – dice all’Agi l’avvocata Rosa Emanuela Lo Faro, che difende i migranti nei due casi portati all’attenzione della Corte di giustizia europea -, ma da affrontare con procedura ordinaria. Due visioni della fattispecie che differisce tra i due massimi organismi, uno nazionale e l’altro europeo”. La legale dei migranti che hanno presentato il ricorso spiega di “avere ricevuto soltanto la comunicazione sintetica che non è stata approvata la procedura d’urgenza, ma non ne conosco le motivazione”. Ritengo probabile che i giudici hanno ritenuto non sussistere l’urgenza perché i destinatari del provvedimento sono liberi”, dice l’avvocata Lo Faro che rappresenta i migranti al centro della decisione.
“La palla è stata rimessa al centro – aggiunge – e la decisione credo impatti anche sul protocollo siglato tra Italia e Albania che prevede vengano applicate le procedure accelerate di frontiera, compresa la cauzione da 5.000 euro”. “C’è stato – osserva l’avvocata Lo Faro – un rimpallo tra le varie istituzioni, e adesso la palla torna al centro e ci vorrà del tempo per le decisioni, in attesa delle quali tutto resta fermo, compresa l’applicazione del decreto Cutro, e non solo in Italia perché le procedure accelerate, con il pagamento della cauzione di 5.000 euro, sono previste anche nel protocollo firmato con l’Albania”. “Per la Corte di giustizia europea – aggiunge la legale – il tema non è da affrontare con procedura di urgenza, ma, secondo il presidente che tratta il caso, da affrontare con la procedura ordinaria. Due visioni contrapposte quelle di due Istituzioni, che ha portato per il momento allo stallo, con la palla che torna al centro”.