A proposito di trattative che non trattano e di fomentatori della guerra vale la pena fare un giro dai bambini che stanno a Gaza, raccontando come stanno coloro che sono riusciti a scampare alla morte per pallottole o bombe nel totale di più di 30mila morti che dovrebbero essere il risultato della legittima reazione di Israele.
A proposito di trattative che non trattano e di fomentatori della guerra vale la pena fare un giro dai bambini che stanno a Gaza
In una ricerca gli esperti di salute mentale e di protezione dell’infanzia che lavorano con Save the Children a Gaza si parla di paura, ansia, carenza di cibo, iper-vigilanza e problemi di sonno, un’alternanza nello stile di attaccamento ai genitori, regressione e aggressività. Il disagio emotivo di schivare bombe e proiettili, la paura di perdere i propri cari, di essere costretti a fuggire attraverso strade disseminate di detriti e cadaveri e di svegliarsi ogni mattina senza sapere se riusciranno a mangiare hanno aggravato la situazione rendendo gli adulti di riferimento sempre più incapaci di affrontarla. Il sostegno, i servizi e gli strumenti di cui hanno bisogno per prendersi cura dei loro figli – secondo la ricerca – sono sempre meno. E proprio genitori e care giver hanno dichiarato all’organizzazione che la capacità dei bambini di immaginare un futuro senza guerra è ormai praticamente scomparsa.
“Mentre i bisogni umanitari aumentano, l’ultima escalation di violenza e l’assedio hanno causato un collasso totale dei servizi di salute mentale a Gaza, con i sei centri pubblici dedicati e l’unico ospedale psichiatrico di Gaza non più funzionante”, sottolinea Save the Children. Toccherà trovare qualcuno che spieghi a questi bambini che non devono prendersela troppo. Sono solo gli effetti collaterali di una guerra giusta.