di Sergio Patti
Più tempo per convincere i francesi a ricapitalizzare. Oppure per trovare un altro partner in Russia, in Asia o chissà dove. Il Consiglio di amministrazione di Alitalia ha approvato ieri sera il nuovo piano industriale, deliberando anche di posticipare al 27 novembre prossimo il termine per l’esercizio di opzione sull’aumento di capitale approvato il 15 ottobre. Difficile però che Parigi aderisca. Pur apprezzando i tagli ai costi previsti dal nuovo piano, i consiglieri della compagnia francese ieri hanno votato contro. Segno che il divorzio è ormai inevitabile.
Più efficienza
Nello specifico il piano industriale approvato a maggioranza ieri si basa sulla ricerca di una accresciuta efficienza nella gestione delle attività e su un miglioramento della capacità di competere sul mercato anche attraverso una severa riduzione dei costi. In tal senso è prevista la riduzione del numero di aerei a medio raggio con il mantenimento di ore volate rispetto al 2013, grazie ad un miglior utilizzo della flotta. Misure assolutamente necessarie per dare una prospettiva alla compagnia che ha le casse vuote dopo aver perso l’intero capitale stanziato dagli azionisti e dalle banche, grandi registe dell’operazione che portò al salvataggio di Alitalia dopo il default del 2008. Su questa “severa riduzione dei costi” per accrescere l’efficienza e migliorare la capacità di competere i francesi non hanno avuto niente da eccepire. Ma il 27 novembre, quando tornerà anche a riunirsi il consiglio di amministrazione) il primo azionista Air France-Klm quasi certamente non cambierà rotta. Ieri, infatti, non solo hanno votato contro il Piano, ma hanno fatto capire di non credere più in una compagnia per la quale hanno tra l’altro svalutato l’intero investimento. Dunque il consiglio di amministrazione, che è durato due ore e mezzo mentre fuori si svolgeva la protesta di un gruppo di lavoratori, non ha potuto fare altro che approvare la revisione del Piano, ridurre il numero di aerei a medio raggio e aumentare i voli internazionali e intercontinentali, diversamente da quanto richiesto dai francesi.
C’è poca cassa
Il problema vero resta però la necessità urgente di nuova cassa e per questo si è dovuto prendere atto che al momento le adesioni all’aumento di capitale sono ferme a 136 milioni. All’appello manca anche la quota messa sul piatto da Poste Italiane che discuterà la questione nell’Assemblea in programma per il prossimo 20 novembre. In quella sede rimbomberanno le osservazioni fatte ancora ieri dai francesi, secondo cui al Piano di rilancio di Alitalia mancherebbero adeguate misure di riduzione del debito. Una posizione che non sorprende: già martedì scorso, infatti, i francesi avevano fatto trapelare la loro bocciatura (“migliorato ma non a sufficienza”).
Posti a rischio
Il Piano, secondo quanto si apprende, dovrebbe prevedere risparmi per circa 200 milioni, con circa 2.000 esuberi (compreso il mancato rinnovo di un migliaio di contratti a termine). E mentre i sindacati attendono una convocazione, forse già per oggi, cresce la preoccupazione per il rischio esuberi. Il ministro dei trasporti Maurizio Lupi, che martedì scorso ha incontrato Del Torchio per farsi illustrare le linee guida del piano, ha ribadito che una delle priorità del Governo è la difesa dell’occupazione. La leader della Cgil Susanna Camusso avverte che se il piano industriale dovesse prevedere degli esuberi, la risposta della Cgil sarà “molto dura”. E a dire no, pure il leader della Cisl Raffaele Bonanni.