L’ultimo appuntamento è fissato per lunedì prossimo. Se il Parlamento confermerà il parere negativo espresso dal governo agli emendameenti al decreto di attuazione del Milleproroghe, nel giro di pochi mesi spariranno dalle edicole e dal web molti giornali, anche blasonati, a cui sarà tolta definitivamente la pubblicità legale. In un Paese ad alto tasso di corruzione, incredibilmente l’esecutivo blocca così quel poco di trasparenza che c’è sulla spesa pubblica per mezzo dei bandi pubblicati sui quotidiani. Una decisione che sottrae circa cinquanta milioni di euro agli editori, facendo poco danno ai grossi imprenditori ma assestando un colpo mortale ai pochi indipendenti e senza la porcheria del contributo pubblico. Questa è la realtà sul concetto di pluralismo e democrazia che ha la Meloni. Al punto da bocciare nei giorni scorsi la richiesta di ripensarci avanzata da alcuni parlamentari del suo stesso partito e di Forza Italia, a cui è chiaro che questa mazzata manda a casa anche centinaia di dipendenti delle aziende che raccoglievano questa pubblicità.
Pubblicità legale, il quadro
Un quadro talmente impresentabile e vergognoso da spingere ieri diversi parlamentari ad intervenire in favore della stampa, anche a destra dove i rapporti con l’informazione libera non sono stati sempre facili. Ha sorpreso, in tal senso, la levata di scudi del presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, anche di recente in forte polemica con la trasmissione di Rai3 Report. “Deve essere raccolto il grido d’allarme degli editori italiani. E Forza Italia se ne farà interprete nel Parlamento ma anche sollecitando l’attenzione del governo, già promotore con il sottosegretario Barachini e con la Presidenza del Consiglio di importanti iniziative”, ha detto Gasparri. “Bisogna trovare risorse per aiutare un settore che è in difficoltà, soprattutto a causa del saccheggio digitale, attuato tramite i giganti della rete da chi ruba i contenuti editoriali, per la cui realizzazione le imprese fanno ingenti investimenti. Tuttavia troppi se ne appropriano e li divulgano gratuitamente, creando un forte squilibrio.
Il sito Anac per la pubblicità legale funziona male
C’è poi un’altra questione posta all’attenzione del governo: i bandi di gara – ha proseguito Gasparri – dovrebbero essere resi noti non più attraverso la pubblicazione sui giornali, ma mediante un apposito sito. È un impegno che l’Italia ha assunto anche nell’ambito delle vicende riguardanti il Pnrr. Ne siamo tutti consapevoli. Tuttavia non può essere ignorato quanto ha affermato l’Autorità nazionale anticorruzione nei giorni scorsi, esattamente il 24 gennaio 2024, rilevando che il sito sul quale si dovranno rendere note tutte le notizie riguardanti i bandi di gara, non funziona in maniera adeguata. C’è quindi il rischio che non ci sia nè la pubblicità sui giornali, nè una informazione completa per via elettronica. Sarebbe stato quindi saggio rinviare nel tempo la nuova forma di divulgazione di questi contenuti e proseguire con la pubblicazione sui giornali. Si rischia, con un sito che non dà le notizie necessarie in tempo reale, di avviare un contenzioso infinito su ogni bando di gara di un Comune, di un ente locale o di altre realtà”.
I rischi
Sempre Gasparri ha richiamato quindi un altro rischio per lo Stato: “Io credo che le osservazioni degli editori e le comunicazioni dell’Anac, non possano essere ignorate. Invitiamo quindi il governo ad una riflessione complessiva sulla crisi e lo Stato dell’editoria. Forza Italia se ne farà comunque carico. Anche proponendo di destinare parte dei proventi delle nuove tasse a carico dei giganti della rete al sostegno dei giornali e dell’editoria nel suo complesso”, ha concluso ol presidente dei senatori di Forza Italia. La palla passa ora al Parlamento, che dovrà dire l’ultima parola, garantendo la traspartenz anela spesa pubblica e salvando molti giornali, con i relativi giornalisti e l’altro personale, e le decine di imprese che raccolgono la pubblicità legale, che insieme danno lavoro a centinaia di persone.