Stai a vedere che dietro ai timori del governo per la possibile partecipazione al Festival di Sanremo di qualche agricoltore capace di imbarazzare Giorgia Meloni & Co, si sta giocando anche – se non soprattutto – una partita sotto traccia per decidere il futuro stesso del management di viale Mazzini. Strana storia quella della rassegna canora guidata da Amadeus che da un lato macina record di ascolti continui, malgrado le polemiche per l’ospitata trash di John Travolta e la gestione del ‘caso agricoltori’, e dall’altro, con l’ormai prossimo rinnovo dei vertici Rai previsto per luglio, è diventata il terreno di scontro perfetto tra l’amministratore delegato Roberto Sergio, la cui ricandidatura secondo Dagospia viene caldeggiata dalla Lega di Matteo Salvini, e quella del suo successore designato da Fratelli d’Italia, ossia il potente direttore generale sovranista Giampaolo Rossi.
Due personalità forti e legate da un’amicizia antica, tanto che all’epoca della loro nomina avevano siglato un patto amichevole – non scritto – per la staffetta al vertice del servizio pubblico da tenere dopo le elezioni europee, che ora si guarderebbero con sospetto, pronti a sfidarsi per la guida dell’azienda. Destino il loro che si incrocia con lo strampalato scontro in maggioranza tra il Capitano, in cerca di consensi e quindi interessato a dare battaglia per evitare che la Rai finisca ancor di più in mano alla premier, e Meloni che appare decisa a far valere il peso elettorale del proprio partito piazzando quanti più fedelissimi può nelle poltrone che contano.
La Rai ai ferri corti
Qualcuno può parlare di fantapolitica e forse lo è, ma è innegabile che diversi elementi sembrano suffragare questo duello tra Sergio e Rossi come anche quello conseguente tra Giorgia e Matteo. Innanzitutto non si può evitare di notare come i due manager, legati da una lunga amicizia, in questi giorni appaiono sempre più distanti e non solo ‘politicamente’ ma anche fisicamente visto che perfino all’Ariston, invece di sedere uno a fianco all’altro per gustarsi quello che è un trionfo in termini di share, si posizionano ben distanti. Per non parlare delle reciproche dichiarazioni di stima, un tempo frequenti, che sono ormai ridotte al lumicino.
Ma forse la cosa che più di tutte sembra avvalorare la tesi secondo cui il patto tra i due manager è saltato trasformandosi in un’aperta sfida per conquistare il vertice di viale Mazzini, lo lascia capire soprattutto la gestione del caso dei trattori che da giorni ha catturato l’attenzione di tutti. Qui, secondo quanto riporta La Stampa, “l’amministratore delegato della Rai Sergio, che giovedì ha fatto visita alle maestranze dell’Azienda, sta prendendo le sue decisioni in totale autonomia rispetto al direttore generale Rossi. La partita è tutta da giocare ma per ora tra i due è catenaccio comunicativo. Nonostante si cerchi di salvare la forma, Sergio e Rossi non si parlano proprio. Prova ne è il comunicato di ieri sul successo della serata” apparso ‘freddo’.
Strada spianata
Così proprio il Festival nazional popolare di Sanremo è diventato il terreno perfetto per lo scontro tra i due manager. Davanti alle voci di corridoio secondo cui Sergio sarebbe stato scelto dalla Lega per lanciare il guanto di sfida a Fratelli d’Italia, il manager si è sempre smarcato dicendosi “al servizio dello Stato”. Eppure è chiaro che gli deve aver fatto piacere sapere che il consigliere di amministrazione in quota Carroccio Igor De Biasio, secondo il Corriere della Sera, avrebbe “riunito i suoi per sostenere la conferma dell’amministratore delegato”. Una conferma che di sicuro non verrebbe osteggiata dai sindacati del servizio pubblico, con i quali il manager ha sempre intrattenuto rapporti cordiali, come non dispiacerebbe, stando a diversi retroscena, neanche a tanti parlamentari delle opposizioni che, tra Sergio e Rossi, preferiscono senza dubbio il primo. Tutte ragioni per le quali, forse l’attuale amministratore delegato avrebbe capito che se Sanremo sarà un successo allora potrebbe vincere la sfida con Rossi.
L’ultimo giallo targato Rai
Da qui, forse, il tentativo di gestire in modo autonomo la querelle sui ‘trattori’, nel tentativo di salvare la faccia al governo e, quindi, ingraziarsi anche la Meloni e i suoi fedelissimi, culminata nella decisione di far leggere da Amadeus un comunicato degli agricoltori – preventivamente analizzato e autorizzato da viale Mazzini -, senza nessun rappresentante dei manifestanti sul palco. Una decisione, questa, che rimarca ancora una volta la distanza tra Sergio e il direttore generale Rossi, apparentemente rimasto in seconda fila nella gestione del dossier, visto quanto si legge nel comunicato di ieri con cui l’ufficio stampa della Rai ha annunciato che la decisione di non concedere la ribalta mediatica del palco dell’Ariston agli agricoltori “è stata presa esclusivamente dall’Amministratore delegato del servizio pubblico radiotelevisivo che l’ha comunicata alle autorità competenti”, ossia al questore e soprattutto al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.
Chiaramente se questa soluzione ha ridotto al minimo gli imbarazzi del governo e potrebbe rilanciare Sergio alla guida del servizio pubblico, è tutto da dimostrare che basterà a calmare le acque visto che gli agricoltori sono sul piede di guerra. Del resto proprio il comunicato per tutto il pomeriggio è sembrato diventare un caso nel caso perché, dopo l’okay da viale Mazzini, per ore la Rai ha ripetuto di “stare ancora aspettando” il testo. Un ritardo che dimostra, ove ce ne fosse ancora bisogno, il malumore dei ‘trattori’ che hanno sperato, letteralmente fino all’ultimo secondo, in un miracolo che gli permettesse di salire sul palco dell’Ariston ma che alla fine si sono dovuti accontentare. Il testo che verrà letto da Amadeus nel corso della puntata racconterà le condizioni degli agricoltori che sono allo stremo, chiedendo al governo di imporre un controllo dei prezzi del settore alimentare, evitando che i guadagni finiscano quasi tutti alla grande distribuzione, e di prestare particolare attenzione al Made in Italy. Inoltre si chiede anche il controllo delle merci provenienti dall’estero, prodotte con regole meno stringenti e a prezzi fuori mercato.