Il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ha accolto la richiesta del vostro leader, Giuseppe Conte, di sciogliere il Giurì d’onore. Michele Gubitosa, deputato e vicepresidente del Movimento Cinque Stelle, potete ritenervi soddisfatti?
“Una cosa è certa: la decisione del Presidente della Camera Fontana dà ragione a Conte, perché accetta in toto la sua responsabile richiesta di sciogliere il Giurì. Certamente, però, non possiamo essere soddisfatti per un organo istituzionale che basa la propria attività e la sua stessa esistenza sul concetto di imparzialità e che ha perso le condizioni necessarie per garantirla. E non siamo certo noi a dirlo, visto che la denuncia arriva direttamente dai parlamentari che hanno deciso di fare un passo indietro e di abbandonare la commissione. Forse, a questo punto, la decisione di sciogliere il Giurì era l’unica via d’uscita possibile, per la maggioranza, per evitare una farsa a senso unico”.
Perché il Giurì d’onore, se non si fossero dimessi i deputati dell’opposizione, avrebbe potuto diventare Giurì del disonore?
“Gli atti del Giurì sono secretati, noi non abbiamo mai avuto la possibilità di leggere la relazione, ma il disonore è evidente dalle parole dei due parlamentari che si sono dimessi e che hanno parlato di forzatura delle regole da parte della maggioranza e di approccio di parte nella commissione. Resta il fatto che il compito del Giurì d’onore era quello di giudicare le menzogne della Presidente Meloni e che questo giudizio avrebbe dovuto essere costruito a partire dai fatti. Giuseppe Conte, da Presidente del Consiglio, ha effettuato 14 passaggi parlamentari sul Mes, oltre a quelli dei ministri competenti. I fatti, purtroppo per la premier, sono inequivocabili, danno ragione a Conte ed evidenziano le bugie di Meloni”.
Conte ha peccato di eccessivo ottimismo chiedendo il Giurì d’onore per dimostrare l’infondatezza delle accuse che gli ha mosso la premier Giorgia Meloni sul Meccanismo europeo di stabilità il 13 dicembre nell’aula del Senato?
“Nessun ottimismo, piuttosto grande fiducia nelle istituzioni ed enorme rispetto della grammatica istituzionale. Ci aspettavamo che il Giurì potesse riabilitare l’onorabilità di Giuseppe Conte, lesa dalle gravi parole della premier, dello stesso Parlamento, davanti al quale Meloni ha apertamente mentito ai cittadini e ai loro rappresentanti, e che potesse ristabilire la verità. Purtroppo non è stato possibile, ma i fatti restano”.
Mentre la documentazione presentata dal vostro presidente al Giurì è stata corposa, la premier si è presentata senza carte d’appoggio. Non servivano, è stata la sua tesi.
“Quella della Presidente Meloni è stata una palese dimostrazione di enorme sciatteria e grandissima arroganza. Per non parlare della sua scarsissima cultura istituzionale, evidente negli atteggiamenti di chi pensa di utilizzare le istituzioni del nostro Paese come il palco di una festa di partito, dal quale lanciare false accuse ai suoi avversari politici. La mancanza di documenti era solo la conferma che l’approccio che Meloni ha sempre voluto dare a questa vicenda è meramente politico. Di fronte a fatti che le davano torto, la premier ha dovuto cercare rifugio nell’attacco diretto all’avversario e quando le sue bugie sono state smascherate ha creduto di poter risolvere la vicenda con una semplice chiacchierata di piacere”.
Ora che la Commissione è stata sciolta cosa rimane delle accuse della Meloni?
“Lo scioglimento del Giurì non cambia niente, perché non può certo modificare i fatti. Già all’indomani dell’intervento in Aula, Meloni era stata apertamente sbugiardata da tutti i fact checking delle principali testate giornalistiche e quello che resterà, dunque, sarà soltanto il suo gravissimo tentativo di infangare un avversario politico e un suo predecessore a Palazzo Chigi attraverso false accuse e l’uso personalistico delle istituzioni”.
Mulè ha accusato i deputati dell’opposizione, che si sono dimessi dal Giurì, e Conte che ha parlato di violazione dell’imparzialità da parte della Commissione, di aver offeso il Parlamento e se fossimo stati in Tribunale – ha detto – si sarebbe parlato di oltraggio alla Corte. Che ne pensa?
“Francamente, mi sembra un tentativo di mandare la palla in tribuna, di guardare al dito invece che alla luna. La vera offesa al Parlamento è arrivata da una Presidente del Consiglio che l’ha usato come tribuna elettorale per gettare discredito su chi, evidentemente, la infastidisce con un’opposizione senza sconti. E, stando alle dichiarazioni dei parlamentari che hanno lasciato il Giurì, dalla forzatura delle regole e dall’approccio di parte che hanno caratterizzato un organo teoricamente super partes come il Giurì d’onore. L’offesa più grande di tutta questa vicenda è stata fatta nei confronti della verità”.