Un boom di visualizzazioni su Raiplay, al momento due milioni e mezzo. Poi ci sarà l’approdo nella prima serata tv. La quarta stagione di “Mare Fuori” è già un successo, pensata come una serie dove l’affezione ai personaggi e alla loro storia somiglia a quella per gli sceneggiati anni Settanta e Ottanta. Rosa, Carmine, Pino, Edoardo e gli altri hanno catturato la passione di milioni di teenager e adulti con l’attenzione e l’immedesimazione per i loro sogni e i loro drammi. “Mare Fuori”, però, scatena polemiche e divide una parte dell’opinione pubblica su un possibile messaggio sbagliato che diffonde la fiction.
La prima ad essere molto critica è Daniela Di Maggio, la mamma di Giovanbattista Cutolo, il giovane musicista ucciso in piazza Municipio durante una rissa. “Mi dispiace dirlo ma i modelli che queste serie tv offrono sono sbagliati – afferma la Di Maggio – perchè a fruirne sono prevalentemente giovani privi di coscienza critica. I sociologi dicono: ‘dove non c’è una cultura creala tu’. Tante fiction veicolano messaggi completamente errati a ragazzi ignoranti che vivono per l’esaltazione della materia e con il concept della violenza. È normale che attecchisca”.
La mamma di Giogiò fa anche un paragone con il passato: “Da piccola anche io ho visto “La Piovra”, ma non ho mai emulato i personaggi perchè sono cresciuta in una famiglia con dei valori, ho studiato e ho sviluppato una coscienza critica. Questo è il dramma di oggi. Troppi giovani trascorrono ore imbambolati su TikTok e vivono realtà parallele e virtuali immedesimandosi nei protagonisti di sceneggiati televisivi. Questa è la società del dolore e del pianto. Oggi funziona il fenomeno da baraccone – conclude Daniela Di Maggio – “e per questo “provo a difendere un’immagine di Napoli completamente diversa, perchè la città è tutt’altro. In passato si veniva educati con il mito dell’eroe che distruggeva il male, nell’epoca attuale il buono non è di moda”.
Non demonizzare la tv
Più cauto, invece, è il giudizio di Giorgio Verdelli, regista e sceneggiatore, fresco di nomina nella cinquina dei Nastri d’argento per il docu-film “Enzo Jannacci – Vengo anch’io” e nella short list del David Donatello. “È sbagliato demonizzare le serie tv – afferma Verdelli – sono però dell’avviso che bisognerebbe mettere dei paletti. L’errore sta nel dipingere i delinquenti come degli eroi. Penso che ci dovrebbe essere un codice di auto-responsabilità da parte di tutti, le fiction influenzano sicuramente i linguaggi e temo anche i comportamenti di molti ragazzi. Basterebbe pensare solo al look, quanti ne vediamo vestiti come i protagonisti degli sceneggiati? La differenza con il passato c’è e riguarda soprattutto i social network”.
Secondo Verdelli “le serie diventano fenomeni di successo grazie ai social. Riconosco un’operazione di casting esemplare, la scrittura invece lascia più a desiderare. È cambiata la prospettiva, ci si rivolge ad un pubblico diverso, con stili e logiche differenti, anche se sono dell’opinione che sia sempre valida la legge dell’economia politica: ‘Il prodotto crea il suo stesso mercato’. Allo stesso tempo credo che bisogna dare atto alle fiction di avere svolto però anche funzioni importanti, come quella di veicolare flussi turistici. Quante persone si recano a Napoli per vistare i luoghi di ‘Mare fuori’?”, si domanda Verdelli che ribadisce: “ripeto la condanna è sempre errata, occorre solo maggiore consapevolezza. I ragazzi guardano le serie tv senza un’intermediazione, l’emulazione è naturale”.