L’Italia è sostanzialmente ferma nella lotta alla corruzione. A indicarlo è l’ultimo report di Transparency International: la corruzione percepita in Italia nel 2023 è rimasta esattamente allo stesso livello dell’anno precedente. Mentre altrove diminuisce e così l’Italia peggiora la sua posizione in classifica, perdendo un posto.
L’indice di percezione della corruzione Cpi in Italia si attesta a 56, ovvero lo stesso livello dell’anno prima. Ma il nostro Paese scende dal 41esimo al 42esimo posto su 180 Paesi. Eppure nell’ultimo decennio i miglioramenti in Italia c’erano stati, dall’approvazione della legge Severino in poi. L’Italia ha guadagnato dieci posizioni nel 2021, ma ora è di nuovo ferma.
Resta un dato positivo, guardando al passato: nel decennio dal 2012 al 2022 l’Italia è uno dei Paesi che ha fatto segnare i maggiori progressi, pur restando al di sotto della media europea. Ma questo processo ora sembra essersi fermato, in coincidenza anche dell’arrivo del governo Meloni.
La lotta alla corruzione si è fermata in Italia: cosa non va
Nel report vengono evidenziate alcune delle questioni ritenute più problematiche per l’Italia, a partire in generale dalla capacità del nostro sistema di prevenire la corruzione nel settore pubblico. Andando nello specifico, si lamenta la carenza di norme per temi come il conflitto di interessi nei rapporti tra pubblico e privato, ma anche l’assenza di una disciplina in materia di lobbying. E, ancora, non ha di certo prodotto risultati positivi la sospensione del registro dei titolari effetti per arginare il fenomeno del riciclaggio.
Qualche piccola buona notizia, però, c’è: il consolidamento del punteggio italiano conferma che siamo uno dei Paesi europei “più impegnati sul fronte della trasparenza e del contrasto alla corruzione”, afferma Michele Calleri, presidente di Transparency International Italia. E positiva è stata anche l’applicazione di misure sul whistleblowing e gli appalti pubblici. Ma chiaramente non basta, come dimostra la classifica.
Nordio sminuisce, ma la lotta alla corruzione si è arenata
Per il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, le classifiche sulla corruzione in Italia non sono un problema. Perché? Semplice, sono calcolate in modo sbagliato e non corrispondono alla corruzione reale, come sostenuto di recente. Per Nordio l’Italia risalirà presto in queste graduatorie perché la colpa è solo dei parametri che “sono sbagliati”. Anche se intanto non risale affatto, anzi.
L’immobilismo (per non dire altro) del governo sulla lotta alla corruzione è però evidente e lo dimostra anche l’abolizione dell’abuso d’ufficio, con tanto di richiamo (ignorato) dalla Commissione Ue. Non aiuta, di certo, l’innalzamento della soglia del contante, così come viene ritenuta preoccupante la stretta sulle intercettazioni che rischia di rendere meno efficace la lotta alla corruzione. E, ancora, non è di buon auspicio l’insofferenza del governo verso la magistratura. Tutti elementi che messi insieme non sembrano andare nella direzione di un rafforzamento di questa battaglia, ma esattamente all’opposto.
Il resto del mondo
Va detto che la situazione non migliora neanche in Ue, dove è tutto fermo in tre quarti dei Paesi e per la prima volta si registra un peggioramento annuale. Dal 2012 a oggi solo in 6 Paesi europei su 31 il punteggio è migliorato (tra cui l’Italia) ed è calato in ben otto. In Ue il punteggio medio è di 65 su 100, anche se parliamo della regione migliore a livello globale. L’Italia è 17esima su 27 Paesi Ue, con un punteggio (56) ben al di sotto della media. Molto peggio di noi fanno solo Bulgaria (45) e Ungheria (42). La classifica complessiva vede in testa la Danimarca (punteggio 90), davanti a Nuova Zelanda (87) e Finlandia (85). In coda, invece, ci sono Venezuela, Siria e Sud Sudan con un punteggio di 13 e in fondo la Somalia a 11.