I numeri sugli assegni pagati a fine gennaio – 287.704 richieste accettate su 446.256 domande lavorate – rendono evidente il flop del Reddito di inclusione che, assieme allo Strumento formazione e lavoro (Sfl), è andato a sostituire il Reddito di cittadinanza. Considerando che le cifre delle due voci possano di poco crescere, si può raggiungere, come somma delle due misure, 500mila famiglie, ovvero meno del 50% di quanto si raggiungeva con il Rdc un anno fa, pari a circa 1,2 milioni di famiglie. Ancora meno rispetto alle attese del Governo che aveva annunciato, per bocca del ministro Marina Elvira Calderone, circa 737 mila famiglie nel programma Adi. E considerato che i nuclei familiari poveri sono oltre 2 milioni, pari a 5,6 milioni di persone, la stangata è servita.
I numeri sugli assegni pagati a fine gennaio – 287.704 richieste accettate su 446.256 domande lavorate – rendono evidente il flop del Reddito di inclusione
A spiegare i motivi del dimezzamento della platea dei percettori è stato l’ex numero uno dell’Inps, Pasquale Tridico, qualche settimana fa, in una dettagliata analisi pubblicata su la Repubblica di cui vale la pena recuperare alcuni passaggi. L’inflazione – argomenta l’economista – ha generato dei fenomeni di cattiva calibrazione perché le soglie di entrata nella misura non sono state adeguate, conformemente all’inflazione. Per l’Adi si è mantenuto lo stesso Isee di accesso del 2019, pari a 9360 euro e la stessa soglia di reddito di entrata, pari a 6000 euro. Per Sfl l’Isee di accesso è stato pure ridotto da 9360 a 6000 euro.
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Una seconda ragione riguarda la scala di equivalenza, dentro Adi, che è stata abbassata da 0,2 (o 200 euro per figlio) a 0,15 e 0,10 (150 euro per il primo figlio e 100 euro dal secondo figlio). Questo comporta un abbassamento della soglia di entrata, soprattutto per le famiglie più numerose. Inoltre, i genitori nel nucleo fanno parte della scala di equivalenza solo se i minori hanno una età inferiore ai 3 anni. Se i minori hanno una età compresa tra 3 e 17 anni, i genitori non prendono l’Adi. L’introduzione dell’assegno di formazione per le persone occupabili, potrebbe comportare – secondo l’Ocse – risparmi di bilancio pari a circa l’1% del Pil sul breve termine ma “rischia di conseguire tali risultati a scapito dell’aumento della povertà dei percettori, in particolare di coloro che non possono accedere a una formazione adeguata o che hanno raggiunto la durata massima della prestazione”.
Secondo Tridico non c’è stata una analisi dei fabbisogni formativi, e i corsi compaiono sulla piattaforma alla rinfusa, in settori non di interesse per i percettori potenziali, e rimangono comunque scarsi. L’ultima ragione indicata dall’ex presidente dell’Inps è il forte ostracismo da parte degli autori della riforma che indicano i percettori come colpevoli del loro stato di povertà. Un atteggiamento che crea vergogna nei poveri, e che spesso non fanno domanda pur avendo i requisiti.
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Ritornando ai numeri sul Reddito di inclusione, oltre la metà degli assegni pagati a fine gennaio è stato destinato a famiglie residenti in Campania e Sicilia, ovvero 154.666 pari al 53,76% sul totale. In Campania sono state erogate 83.355 carte Adi mentre in Sicilia sono state 71.311. Dalle tabelle Inps si evince che al Sud e nelle Isole sono stati pagati nel complesso 224.461 assegni con il 78,02% del totale. In Lombardia, con quasi 10 milioni di abitanti (9.976.509) e il 16,91% della popolazione italiana sono stati erogati solo 12.304 assegni pari al 4,28% del totale. Nell’intero Nord sono arrivati nella prima tornata 33.261 assegni di inclusione con l’11,56% del totale mentre al Centro sono arrivati 29.982 assegni di inclusione pari al 10,42% del totale. La Regione con meno carte Adi è la Val d’Aosta con appena 135 assegni.