Abolire la legge Fornero doveva essere uno dei primi obiettivi del governo guidato da Giorgia Meloni. E soprattutto della Lega di Matteo Salvini, oggi vicepresidente del Consiglio. Eppure, ormai lo sappiamo bene, in tema di pensioni quello dell’esecutivo è stato un fiasco immediato, con la stretta impressa ai requisiti di uscita già con la prima legge di Bilancio, quella varata a fine 2022 e che ha previsto criteri più stringenti per l’uscita anticipata dal lavoro.
Il numero di nuove pensioni è sceso nel 2023. Un dato che, al di là di un lieve calo delle regolari uscite dal lavoro per il raggiungimento dei criteri di vecchiaia, riflette soprattutto la scelta del governo di irrigidire le regole per i pensionamenti anticipati. Insomma, il governo Meloni che prometteva – soprattutto con il leader leghista – di abolire la legge Fornero, nei fatti ha ottenuto un risultato opposto.
A certificare quanto ormai era già noto ci pensa il Monitoraggio Inps sui flussi di pensionamento dello scorso anno. In totale le pensione decorrenti nel 2023 sono tate 764.907, in calo dell’11,07% rispetto alle oltre 865mila del 2022.
Altro che abolizione della Fornero, meno pensioni nel 2023 con il governo Meloni
Le pensioni di vecchiaia, viene sottolineato dall’istituto di previdenza, sono state 296.153, in diminuzione del 2,38% rispetto all’anno precedente. Un calo ben maggiore, invece, si registra per il capitolo delle pensioni anticipate.
Il passaggio da Quota 102 a Quota 103 ha determinato l’uscita anticipata per 218.584 lavoratori, ovvero un dato inferiore del 16,09% rispetto a quello del 2022. Inoltre va registrata una netta discesa anche per le pensioni ai superstiti: 203.708, ovvero quasi il 18% in meno) e per le invalidità (a 46.462 unità, ovvero il 13,55% in meno). In leggerissimo rialzo, invece, l’importo medio mensile che è passato da 1.135 a 1.140 euro nel 2023. Inoltre “le pensioni anticipate rispetto a quelle di vecchiaia per il totale delle gestioni risultano più basse nell’anno 2023 rispetto all’anno 2022, scendendo al 5% in più rispetto a quelle di vecchiaia”.
La stretta sull’Opzione donna
Lo stesso Inps sottolinea che nel 2023 l’Opzione donna (l’uscita anticipata per le lavoratrici) è stata prorogata “con requisiti molto più stringenti”. E questa scelta politica sembra riflettersi sul fatto che la percentuale delle pensioni “femminili su quelle maschili presenta nell’anno 2023 un valore inferiore a quello del 2022”, attestandosi al 119% contro il 127% del 2022.
La stretta sui requisiti per l’accesso all’Opzione donna ha fatto crollare il ricorso a questo strumento: nel 2023 le pensioni liquidate con questa misura sono state solamente 11.255, contro le oltre 26mila del 2022. Inoltre, per quanto riguarda gli importi delle pensioni delle donne, quello medio è di 950 euro, in calo rispetto ai 963 del 2022. E corrisponde al 30,45% in meno rispetto ai nuovi assegni liquidati agli uomini (a quota 1.366 euro). Per quanto riguarda le pensioni anticipate, per le donne l’importo medio è di 1.758 euro al mese e per gli uomini di 2.111 euro.