C’è una questione di nomi, “sgarri” e fama criminale dietro il Far West che ha fatto ripiombare Napoli nel terrore camorra. L’ultimo episodio è stato il più eclatante: una stesa nel tardo pomeriggio di mercoledì scorso, con una raffica di ben 80 colpi esplosi tra il viavai di residenti e pendolari del trafficato corso Arnaldo Lucci, a due passi dalla stazione centrale, con un solo proiettile andato a segno contro il bersaglio dell’agguato, il 18enne Giuseppe Nicola Moffa, e un altro che ha ferito, per fortuna in maniera non grave, una passante innocente.
Una sparatoria inscenata da uomini in moto e scooter, immortalata dalle immagini della videosorveglianza, grazie a cui sono stati identificati e arrestati tutti i presunti responsabili. Due di questi, Giuseppe Marigliano e Jennssi Ortega, rispondono dei reati di tentato omicidio e stesa, mentre per gli altri tre l’accusa è di detenzione abusiva di armi. Trentottenne pregiudicato di lungo corso, vicino al clan dei Mazzarella e noto negli ambienti della camorra napoletano come “cavallo pazzo”, Marigliano, ha anche un legame di parentela con Moffa, la vittima designata, essendo il cugino della madre.
Su Giuseppe Nicola Moffa che si concentrano le indagini sull’escalation degli ultimi tempi
Ma è proprio su Moffa che si concentrano oggi le indagini sull’escalation degli ultimi tempi. Appena 48 ore dopo l’agguato, il giovane è stato arrestato per tentato omicidio. Ed è qui che entrano in scena i clan di un altro rione, quello della Sanità. Il 18enne è infatti accusato di essere l’autore del raid, compiuto la notte dell’11 dicembre scorso in piazza Carlo III, ai danni di Ciro Vecchione, tra gli interpreti de film “La Paranza dei Bambini” e della fidanzata Susanna Forte. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, quella notte Moffa, in sella al suo scooter, avrebbe affiancato l’auto sulla quale viaggiavano Vecchione e la ragazza, esplodendo diversi colpi di pistola calibro 9,21 e ferendo entrambi.
“Voleva la mia collana d’oro”, era stata la versione della vittima. Che non ha mai retto. Anche Vecchione ha trascorsi con la giustizia ed è ritenuto vicino a storiche famiglie malavitose della Sanità. Da conversazioni intercettate dalla Procura Antimafia, è emerso inoltre che i due si erano incrociati una settimana prima dell’agguato all’ingresso di una discoteca a Bucarest, nel corso di un evento con un dj di fama. “Lo acchiappai di faccia – è stato il racconto di Vecchione al telefono con un parente – e lui si girò di spalle”.
Il 21enne era già rimasto vittima in un precedente agguato nell’estate del 2021, appena due mesi dopo un raid in cui a restare ferito toccò all’allora 16enne Moffa, che in quell’occasione si trovava in compagnia del figlio di un noto boss del clan Contini. In quello stesso periodo di verificano altri due episodi ai danni di Vecchione: il rogo, di origine dolosa, a casa del nonno e le pistolettate contro un bar al cui interno, in quei frangenti, fu indicata la presenza dell’attore. Vecchie ruggini, rivalità tra giovani rampolli, ma anche frizioni per il controllo del territorio tra potenziali esponenti di due cartelli che hanno fatto la storia del crimine organizzato tra il centro e la periferia di Napoli: Mazzarella, Contini, clan della Sanità.
Sempre più difficile tenere a freno le nuove generazioni. Mentre tornano le vecchie ruggini tra i padri
Passando per un episodio recente che conduce ad altre famiglie criminali del centro storico. Teatro, anche in questo caso, una nota discoteca di Posillipo nel quale un gruppo di ragazzi legati a “cavallo pazzo” Marigliano è venuto alle mani con una comitiva di giovani dei Quartieri Spagnoli. In un’altra telefonata intercettata, una familiare di Moffa dice al ragazzo: “Vuole fare il guappo, li dobbiamo uccidere a questi qua”. Non si esclude il riferimento a Marigliano e il collegamento con la stesa di corso Lucci. Venti di guerra che non avrebbero alcun collegamento con l’ultimo delitto, quello del 50enne Raffaele Cinque, consumato nella notte tra sabato e domenica. L’uomo, che avrebbe aperto la porta al suo assassino, ha provato a scappare.
Centrato alle spalle da alcuni proiettili, si è lanciato dal balcone di casa al quinto piano. Nonostante un volo che non avrebbe comunque lasciato alcuni scampo, l’assassino ha continuato a sparare dall’alto all’indirizzo della vittima. Otto i colpi esplosi. Raffaele Cinque, con precedenti per furto, rapina, estorsione e un tentato omicidio, ma che non è mai stato indagato per reati legati al crimine organizzato, potrebbe aver pagato con la vita una tangente non pagata al clan di zona per un furto che avrebbe messo a segno. L’uomo viveva in via Scirocco, nel quartiere di Poggioreale, dove è stato assassinato e dove da sempre regna la cosca di Contini.