Agguati, stese e raid in pieno centro tra la folla. Napoli è ripiombata in un clima di terrore. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi ha annunciato un piano del Viminale per “disarmare la città”: 233 uomini delle forze dell’ordine arriveranno nel capoluogo per rafforzare polizia, carabinieri e guardia di finanza nel controllo del territorio e in particolare nelle zone “sensibili”. Oggi per dribblare il problema i gruppi malavitosi assoldano nuove leve abbassando sempre di più la soglia dell’età. Più piccoli sono, insomma, e meglio è perchè non sono imputabili. Una criminalità organizzata che si evolve repentinamente e che trasforma minorenni in baby-boss senz’anima. Su questo piano dle governo, Comune e associazioni sono scettici. Militarizzare la città – sostengono – servirà a poco, basta vedere casi analoghi del passato. Ma non la pensa così il magistrato antimafia Catello Maresca, noto in tutta Italia per aver catturato nel 2011 il capo del clan dei Casalesi Michele Zagaria, e consigliere comunale a Napoli.
Dottore, cosa sta succedendo in città: ci troviamo di fronte all’ennesima emergenza?
“È un andamento ciclico probabilmente legato a vari equilibri, a delle faide interne che si ripetono nella misura in cui poi si determinano nuovi assetti criminali per il controllo del territorio”.
Arriveranno altri 233 agenti. Secondo Comune e associazioni non è un intervento sufficiente: qual è la sua posizione?
“Ritengo che bisognerebbe intervenire su due fronti: uno è proprio quello del controllo del territorio. Ben vengano nuove risorse, è un chiaro segnale che c’è consapevolezza della gravità della situazione. È necessario poi agire sulla prevenzione, da questo punto di vista siamo invece molto indietro, non c’è una strategia degli organi istituzionali deputati. Ci sono solo interventi associativi e di volontariato, che però non sono collegati tra loro e non producono quindi l’effetto sperato in città”.
A Caivano c’è un grande dispiegamento di forze messo in campo dal Governo, le altre periferie sono invece completamente abbandonate.
“È la prima volta che a Caivano viene data l’attenzione che questo difficile contesto merita. Almeno abbiamo iniziato da una realtà ad altissimo rischio criminale, che potrebbe diventare un modello operativo non solo di ricostruzione, ma anche di gestione da applicare in altre zone simili. Lì si giocherà la capacità dello Stato di occupare delle aree per ridare opportunità e servizi a cittadini. Abbiamo un enorme deficit nel nostro Paese: affrontiamo i problemi quando c’è l’emergenza, poi quando passa ce ne dimentichiamo. Basti pensare solo alla tendenziale indifferenza del mondo scientifico, delle università che pure dovrebbero essere centri di elaborazione di esempi attivi, come ad esempio il profilo sociologico, economico oppure il mondo dell’intelligenza artificiale, che se applicata a modelli di sicurezza cittadina, potrebbe proiettarci verso nuove frontiere di aggressione al crimine”.
Qual è la sua opinione sulla riforma Nordio in merito alla lotta alle organizzazioni criminali?
“La riforma va nella direzione di una giustizia più rapida ed efficace. In tale senso dovrebbe portare benefici anche alla lotta alle organizzazioni mafiose. Del resto, la battaglia contro tutte le mafie non può avere battute d’arresto, ne arretramenti di alcun tipo e la strada intrapresa in tal senso dal Governo mi sembra in linea con queste posizioni”.
I clan si riorganizzano ed entrano nell’economia legale, a Napoli e al Nord Italia: per il Pnrr lei è preoccupato?
“Ho convocato una riunione in Comune proprio su questo tema. L’opportunità dei Fondi potrebbe diventare un problema nel nostro Paese se questo denaro dovesse stimolare l’appetito della criminalità organizzata. È opportuno attivare strumenti di monitoraggio, discutere delle direttive anti-riciclaggio nella prospettiva che l’organo amministrativo dirigenziale individui dei criteri per minimizzare il rischio”.
Diffondere la cultura dell’antimafia attraverso progetti di formazione: parte per lei una nuova avventura chiamata U.N.I.C.A., in cosa consiste?
“Il principale strumento è la prevenzione. Stiamo provando a programmare interventi mirati come la sottoscrizione di un protocollo con il Ministero dell’Istruzione, attraverso il quale divulgheremo la cultura dell’antimafia nelle scuole”.