Qualcuno suggerisce che dietro lo scontro tra il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, e il leader del Carroccio, Matteo Salvini si possa intravedere in controluce la nuova Lega che mangerà quella attuale già pronta a diventare vecchia. Certo, la bocciatura per un solo voto nel Consiglio regionale veneto della legge sul fine vita segna un solco tra il conservatorismo spudorato di Salvini e il cauto progressismo di Zaia che da tempo vorrebbe una Lega fatta di meno slogan e di più concretezza.
Oltre ai problemi con FdI, il segretario della Lega Salvini ha nel governatore Zaia il vero pericolo per la sua leadership
Zaia ieri ha provato a diluire la spaccatura nella sua maggioranza che per un solo voto ha bocciato la legge regionale sul suicidio medicalmente assistito: “La legge non cambiava il corso delle cose, il fine vita è già autorizzato da una sentenza della Corte Costituzionale – spiega -. La legge non sarebbe servita, come avevo già detto in precedenza. Mi spiace che qualcuno abbia dato una lettura errata, ovvero che la legge discussa in Veneto istituiva il fine vita”.
Ma all’indomani della bocciatura l’attacco al governatore veneto arriva dal suo capo partito Salvini: “Per me la vita va tutelata da prima della culla alla fine. Bisogna garantire cure necessarie alle future mamme e a coloro che sono in difficoltà alla fine dei loro giorni – ha detto il segretario del Carroccio – ma senza arrivare ai livelli olandesi della morte per procura”. E ancora: “La regione Veneto ha votato, poi in democrazia hanno vinto i no – ha spiegato -. Anche io avrei votato in quel senso lì. La Lega non è una caserma, c’è libertà di pensiero. Quindi bene che sia finita così”.
Ma è finita così? No, per niente. Le scintille tra Zaia e il suo segretario affondano su temi ben più ampi di un semplice voto. Sulle Olimpiadi il ministro alle Infrastrutture si adopera per accontentare Zaia che lamenta lo “scippo” del bob alla sua regione e chiede un “ristoro” ottenendo più eventi dalla Lombardia. In ballo c’è anche il terzo mandato che la Lega prova a imporre agli alleati di Fratelli d’Italia per permettere la ricandidatura del presidente veneto.
Salvini preferirebbe spedire Zaia a Bruxelles
Si bisbiglia che in realtà Salvini preferirebbe spedire Zaia a Bruxelles, allontanatolo così anche dalla disfida interna al partito. Nella fazione opposta, dei fedeli a Salvini, si maligna sul presidente veneto più interessato alle faccende interne al partito che al proseguimento del suo lavoro in Regione. Inevitabili maldicenze tipiche dei partiti, certo, ma negli ultimi mesi la spaccatura è diventata evidente anche tra i militanti. Ma non è tutto. Consistenti differenze di vedute tra Zaia e Salvini si riscontrano anche sul tema dell’immigrazione.
Mentre il leader della Lega insiste sulla chiusura delle frontiere e sulla criminalizzazione dello straniero (meglio se nero), per infoltire il consenso da qualche mese il presidente Zaia prova faticosamente a spiegare che molti imprenditori della sua regione si ritrovano a non poter assumere stranieri per i limiti dei decreti flussi. Sullo sfondo ieri è intervenuto anche Luca De Carlo, senatore veneto di Fratelli d’Italia, presidente della Commissione industria e agricoltura del Senato, colui che Giorgia Meloni vorrebbe candidare per la successione dell’attuale governatore.
“Zaia ha sempre avuto questa posizione che lo pone in una posizione incomprensibile forse al Centrodestra o a parte del Centrodestra, questo di sicuro – ha detto De Carlo ospite a 24 Mattino su Radio 24 –. Che tutto ciò abbia riflessi politici sulla sua maggioranza mi sentirei assolutamente di escluderlo”. Rimane la domanda che si pongono molti leghisti: se la Lega di Salvini assomiglia a Fratelli d’Italia ma con meno voti, a che serve? È lo stesso pensiero di Zaia.