Per una volta è la magistratura a togliere le castagne dal fuoco alle destre, sequestrando beni e immobili del governatore sardo Christian Solinas, accusato di corruzione. Apparentemente pane per i denti del ministro Crosetto, con i suoi allarmi su chissà quali manovre delle solite toghe rosse per danneggiare i partiti al governo. In questo caso, però, parlare di inchiesta a orologeria è davvero arduo, anche se mancava un soffio alla possibile ricandidatura del presidente della Regione uscente.
Come sanno bene i lettori della Notizia, Solinas è da tempo al centro di vicende e nomine opache, destinate al 99,9% a sfociare in provvedimenti giudiziari. Un epilogo pressoché certo, ma che non ha smosso la Lega, ferma fino a ieri nel pretendere il bis del capo della giunta, arginando gli appetiti di Fratelli d’Italia. La partita di potere, insomma, passava sopra ogni prudente decisione, per non parlare del destino dei cittadini sardi, alle prese con gli effetti disastrosi del malgoverno nell’Isola.
Dunque, l’inevitabile convergenza delle destre sul candidato della Meloni in Sardegna non esaurisce i veleni nella coalizione, ma tuttalpiù li nasconde in attesa di regolare i conti con le prossime Regioni e soprattutto le elezioni europee. Dopo poco più di un anno, insomma, siamo già nella seconda delle tre fasi che portano storicamente alla fine dei governi. Esaurita la spinta del successo, la coalizione al comando mostra tutte le sue crepe. Resta da vedere quando si chiuderà il cerchio, tra inchieste e disillusione sulle promesse.