Tanto il governo Meloni quanto illustri sindaci vanno ripetendo da tempo che il reato di abuso d’ufficio non funziona e che per questo deve essere abolito. Un intento che si è già tradotto in fatti concreti visto che la commissione Giustizia del Senato martedì scorso ha dato il primo ok al depennamento dal codice penale del reato che tanti giuristi, magistrati e perfino l’Unione europea ci chiedeva di non toccare.
Un risultato su cui c’è ben poco da gioire, al contrario c’è da essere preoccupati perché verrà a crearsi “un vuoto legislativo”, come ha spiegato il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, nel corso di una lunga intervista a Today.
Abuso d’ufficio: i nodi al pettine
Secondo il vertice dell’Autorità nazionale anticorruzione “abolirlo del tutto” l’abuso d’ufficio, come promesso più volte dal ministro Carlo Nordio e come sancito dalla commissione Giustizia di Palazzo Madama, “rischia di creare dei vuoti normativi importanti. Faccio un esempio: il commissario di un concorso che favorisce un candidato amico, se non lo fa ricevendo un pagamento per quel favore, non rientra né nel reato di corruzione né in quello di turbativa d’asta, che si applica alle gare e non alla selezione del personale, in nome di un principio giusto e garantista che è la tassatività della fattispecie penale.
Analogamente, chi cerca di truccare una gara d’appalto può essere accusato di turbativa d’asta, se invece fa un affidamento diretto sopra la soglia che richiederebbe una gara, senza l’abuso d’ufficio rimane impunito”. Insomma appare evidente già da questo che il depennamento comporterà un’ampia zona d’ombra e impunità che l’abuso d’ufficio, contrariamente a quanto sostenuto dal guardasigilli e da tanti politici, riusciva ad intercettare.
Il problema è che in assenza di un reato apposito e visto questo vuoto normativo, “il rischio è che i magistrati espandano altre fattispecie di reati, una cosa non sana che tradirebbe gli obiettivi della stessa riforma messa in campo dal ministro Nordio” così “potrebbe accadere che da un lato ci troveremo la non punizione di comportamenti gravi e dall’altro delle condanne a conseguenza di un’interpretazione eccessivamente allargata di altre tipologie di reato” puntualizza il presidente Anac.
Secondo Busia la ricetta non può essere l’abolizione dell’abuso d’ufficio perché sarebbe necessario “puntualizzare, definire, rendere tassativa la norma per fare in modo che non ci siano ambiguità” e fare in modo che “la stessa riguardi solo violazioni puntuali di legge, che non ci siano discrezionalità come è avvenuto in alcune sentenze che hanno riguardato generiche violazioni”.
Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione che spiega, in ultimo, che oltre a salvaguardare questa fattispecie di reato è necessario puntare con forza sui “controlli preventivi a carattere collaborativo” che “sono essenziali e non a caso sono parte fondamentale dell’architettura del Pnrr. Sono un vantaggio per le stesse amministrazioni, perché consentono di evitare non solo che il denaro che abbiamo ottenuto e che ci serve per fare i grandi investimenti ai quali è legato il futuro dell’Italia vada in mani sbagliate, ma che questo denaro frutti davvero benefici”. Uno “strumento che stiamo adottando, quello dei controlli preventivi e collaborativi, e che si sta rivelando molto efficace”.
Verifiche, queste, che avvengono “su richiesta delle stesse stazioni appaltanti, che stipulano un accordo con le amministrazioni che stanno gestendo il contratto” e “definiscono quali sono i documenti che noi dobbiamo controllare” mentre “noi, in una decina di giorni, verifichiamo le carte e diamo una risposta”. Uno strumento che, assicura, “non rallenta la procedura ma consente di evitare errori, di rispettare la legge e superare la cosiddetta ‘paura della firma’ da parte delle amministrazioni” che viene usata da sindaci e politici a pretesto proprio per abolire l’abuso d’ufficio.