La riforma leghista targata Roberto Calderoli sull’Autonomia differenziata approda in Aula in Senato oggi. Le opposizioni sono sulle barricate perché sono sicure che dalla riforma arriverà un altro colpo mortale al Mezzogiorno. Oggi in molte piazze d’Italia ci saranno i presidi del Comitato contro l’Autonomia differenziata, a partire da Napoli. Un rapporto Eurispes, qualche anno fa – ha spiegato Mariolina Castellone, senatrice del M5S e vicepresidente del Senato – ci disse che dall’approvazione del nuovo titolo V della Costituzione erano stati sottratti al Sud circa 46 miliardi l’anno per il mancato rispetto della famosa regola del 34%, ovvero la percentuale di spesa che si sarebbe dovuta dirottare sul Mezzogiorno in proporzione alla sua popolazione.
Svimez arrivò a calcolare uno scippo da 60 miliardi l’anno a causa dell’insistenza sul criterio della spesa storica per la distribuzione delle risorse: se per esempio una determinata area non aveva asili, ma un fabbisogno dimostrato dall’esistenza di tanti bambini, si ritrovava con zero risorse perché la ‘spesa storica’ raccontava l’assurda storia di un’esigenza che non c’era. Oggi con la nuova riforma la situazione rischia ulteriormente di complicarsi. L’ipocrisia è massima, ha detto ancora Castellone, si cerca di assicurare che fino a 23 materie potranno essere devolute alle Regioni che l’hanno chiesto solo dopo aver determinato i Lep, Livelli essenziali delle prestazioni.
Ma non esiste un cenno alla necessità non solo e non tanto di determinare i Lep, ma di garantirli, con adeguate risorse economiche a cui questo governo, un governo tutto tagli e austerità, non fa il benché minimo riferimento. Il biglietto da visita con cui le destre si presentano all’appuntamento in Parlamento con l’Autonomia differenziata è un anno di tagli al Mezzogiorno operati scientificamente e senza alcuna pietà.
La scure sul Sud
Lo stesso smantellamento del Reddito di cittadinanza ha finito per colpire maggiormente le regioni meridionali, a partire dalla Campania, dove si concentravano buona parte dei beneficiari del sussidio. A mettere in fila i tagli che il governo ha operato ai danni del Sud è stata la Repubblica. In totale il quotidiano stima in 20 miliardi circa lo scippo al Mezzogiorno. Nel calderone dei tagli e del depotenziamento delle strutture che operano per il Sud rientra lo smantellamento dell’Agenzia per la coesione, per cui l’esecutivo ha stabilito che le competenze di “programmazione e coordinamento” dei fondi comunitari e nazionali per il Sud “passano al Dipartimento per le politiche di coesione di Palazzo Chigi”.
Nel limbo non sono solo i consulenti che lavorano per l’Agenzia, che si sono visti a fine anno scorso, rinnovare la collaborazione, ma solo per due mesi. A oggi – scrive la Repubblica – non c’è traccia della relazione chiamata a certificare il rispetto o meno della clausola Pnrr che destina al Mezzogiorno almeno il 40% dei finanziamenti. E Il capitolo sul Sud del Pnrr urla vendetta. Dal Piano sono saltati progetti per 15,9 miliardi: 7,6, la metà, fanno riferimento a progetti finanziati al Sud, dalla riqualificazione delle periferie ai Piani urbani integrati. E ancora: colpo di spugna sulla riconversione green dell’ex Ilva di Taranto, a cui il Pnrr aveva destinato 1 miliardo. Congelati anche i 900 milioni del Fondo di transizione equa per la riconversione industriale della città pugliese. E meno male che il ministro che ha la delega al Sud, oltre a quelle su Pnrr, Affari europei, Politiche di coesione, Raffaele Fitto, è pugliese. Ma il capitolo Pnrr merita un’ulteriore riflessione.
Il report
Dall’ultimo report di Openpolis, basato su un’analisi dell’ufficio parlamentare di bilancio (Upb), con dati aggiornati a novembre 2023, emergono dati inquietanti. Nel 2023 abbiamo speso circa 2,5 miliardi di euro di fondi Pnrr. Si tratta di appena il 7,4% del totale delle risorse programmate inizialmente. La quota di progetti già conclusi è bassa dappertutto ma nelle regioni del Nord Italia è quasi doppia rispetto a quella del meridione. Le regioni del Sud sono quelle che incontrano le maggiori difficoltà nel fare le gare e assegnare i lavori. L’Upb attribuisce queste disparità in parte a storiche difficoltà del Mezzogiorno nella preparazione e nello svolgimento delle gare, soprattutto da parte di stazioni appaltanti di piccole dimensioni.
Ma un altro elemento critico riguarda l’estrema frammentazione del piano a livello locale. Ovvero l’elevata numerosità di piccoli progetti con soggetti attuatori di natura privata o mista (scuole, associazioni, imprese, consorzi, singole partite Iva o ragioni sociali, ecc.), dispersi sul territorio e con limitata esperienza di gestione delle gare. Se da un lato – dice Openpolis – si tratta di una chiara scelta del Pnrr pensata per consentire un maggiore coinvolgimento delle comunità territoriali, dall’altro l’Upb individua proprio in questo uno dei motivi dei ritardi accumulati finora.
Anche in termini di trasmissione dei dati riguardanti l’assegnazione dei lavori e di monitoraggio sul loro avanzamento. Per questo sarebbe necessario intervenire a sostegno dei soggetti attuatori più in difficoltà. Anche per evitare che il divario tra Nord e Sud del Paese aumenti ancora di più. Divario che invece il Pnrr si propone di ridurre. A penalizzare il Mezzogiorno è stata anche la chiusura delle sei Zone economiche speciali (Zes), da Palermo a Napoli. Al suo posto Fitto ha voluto la Zes unica per tutto il Sud. A gestirla una struttura, anche in questo caso, accentrata a Roma. Che finora ha prodotto zero.
L’altro scippo è arrivato con l’ultima manovra di Bilancio che ha portato in dote il taglio quasi totale del Fondo perequativo infrastrutturale: 4,4 miliardi promessi al Sud dal 2021. Mentre si è deciso di dirottare 1,6 miliardi di fondi Fsc, destinati a Sicilia e Calabria, alla costruzione del Ponte sullo Stretto. E a proposito di Fondi sviluppo e coesione il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, accusa Fitto di bloccarli. E minaccia di denunciarlo in assenza di risposte. “Abbiamo un Governo che è nemico del Sud, stanno tenendo bloccati i Fondi sviluppo e coesione, per tutto il Mezzogiorno d’Italia e per la Campania, parliamo di 23 miliardi di euro”, ha detto De Luca.