L’ultimo in ordine di tempo è l’emendamento all’articolo 268 del Codice di procedura penale presentato dal senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin e approvato dalla Commissione Giustizia dopo una riformulazione del governo. Nella trascrizione della polizia giudiziaria devono essere “esclusi i nominativi di persone estranee alle indagini, alle quali è garantito l’anonimato”. Se si indaga quindi su un’illecito non sapremo mai chi siano le sponde amichevoli e le frequentazioni dei soggetti coinvolti.
La stampa quindi non avrebbe il diritto – secondo il governo – di informare che Tommaso Verdini, figlio dell’ex parlamentare Denis, provava ad aumentare la potenza delle proprie entrature per gli appalti Anas rivendendosi come “cognato” del ministro Matteo Salvini né che il nome del ministro veniva usato per provare a “oliare” i rapporti. In Commissione galleggia tra le modifiche che devono essere votate anche l’idea di vietare ai magistrati di riportare “i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione”.
Bavagli e bavaglini
A questo si aggiunge il famoso “emendamento Costa” (dal cognome del deputato di Azione) votato di gran lena dal governo che vieta ai giornalisti di riportare frasi virgolettate di un dialogo che non sia stato “riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento”. In sostanza le conversazioni citate negli atti dei pm (che sono pubblici) diventano privati per la stampa, delegando il tutto alla libera interpretazione dei giornalisti che dovranno assumersi la responsabilità di “sintetizzare” i dialoghi esponendosi al rischio concreto di essere querelati a ogni passo.
La minuziosa opera di smantellamento della giustizia in nome del garantismo del governo Meloni sta riuscendo lì dove nemmeno Silvio Berlusconi sognava di arrivare. Quando il ddl Nordio diventerà legge dall’ordinamento italiano scomparirà anche il reato di abuso d’ufficio in controtendenza alle linee guide europee. L’Italia avrà il primato di avere cancellato un reato che l’Europa chiede per tutti gli Stati membri, inteso nella definizione della convenzione Onu contro la corruzione: il “fatto per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della sua posizione, ossia di compiere o di astenersi dal compiere, nell’esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un’altra persona o entità”.
Nei giorni scorsi il portavoce della commissione europea per la Giustizia, Christian Wigand, ha detto che la commissione è a conoscenza della proposta di legge italiana e ne sta seguendo gli sviluppi con attenzione. Wigand ha avvertito che l’approvazione della norma potrebbe avere “un’impatto sulla lotta alla corruzione” e “la lotta alla corruzione è una priorità assoluta per la Commissione. Abbiamo adottato un pacchetto di misure anticorruzione a maggio per rafforzare la prevenzione e la lotta alla corruzione”.
Tornano l’impunità e i soprusi del potere
Come ha spiegato in un’intervista a Repubblica l’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato – ora senatore del M5S – con la cancellazione del reato non potrebbero più essere perseguite “tutte le manipolazioni di concorsi pubblici grazie alle quali i vincitori sono selezionati non per merito ma per nepotismo e fedeltà. E ancora tutti i casi di favoritismo per ragioni clientelari destinati ad alimentare il voto di scambio”. Non si tratta solo di un reato spia, le 3.600 condanne inflitte dicono che si tratta di un reato che ha portato a chiare condanne definitive. Tra gli obiettivi del ministro Nordio c’è poi un alto grande sogno del berlusconismo che fu: la riduzione del numero di intercettazione che, a dire del ministro, “costerebbero troppo”. Il ministro è smentito dai numeri visto che il valore dei beni provento di attività illecite è dieci volte superiore rispetto alla spesa per le intercettazioni. La riduzione delle intercettazioni non è altro che l’ennesimo favore all’impunità della zona grigia e dei colletti bianchi.
A proposito di garantismo e di garanzie è al vaglio della Camera l’introduzione di un collegio di tre giudici per decidere sulle custodie cautelari in carcere. Un capolavoro di inefficienza se si pensa alla carenza di personale soprattutto nei piccoli tribunali che dovranno fare i conti anche con il regime di incompatibilità. è stato sempre un grande sogno di Silvio Berlusconi anche la separazione della carriere che questo governo sta provando a riproporre. Il sogno dei pubblici ministeri sotto lo stretto controllo dell’esecutivo politico è irrinunciabile anche per Giorgia Meloni e i suoi. Intanto sarà introdotto l’obbligo di avvisare una persona se deve essere arrestata se l’arresto viene chiesto per reati commessi “con l’uso di armi o con altri mezzi di violenza personale”: uno novità che ha il profumo di voler garantire anche in questo caso soprattutto i colletti bianchi. Fare peggio dei governi Berlusconi sembrava pressoché impossibile ma il governo Meloni ce la sta mettendo tutta per riuscirci.