Da quando è al governo la Meloni ha invertito le sue posizioni di 180 gradi, è vero. Però dobbiamo ammettere che in fondo si è piegata alle ragioni della real politik.
Annalisa Turrini
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Gentile lettrice, che la Meloni, una volta assurta al potere, si sia piegata alla real politik abbandonando così l’armamentario polemico che aveva agitato per anni per accaparrare voti, è quanto raccontano i tanti laudatores della premier. Ma le cose stanno diversamente, glielo garantisco. La Meloni non è scema e sapeva benissimo, anche dall’opposizione, che quanto lei predicava era irrealizzabile, dal taglio delle accise, ai mille euro a tutti con un click, al blocco navale. Lo sapeva così bene che faceva e fa ancora parte, credo, dei soci dell’Aspen Institute, ben consapevole che questo è la longa manus degli Usa sulla politica italiana: è l’istituto dove siedono anche Romano Prodi, Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Giulio Tremonti, Giuliano Amato, Giancarlo Giorgetti e compagnia bella. La differenza è che questi ultimi non hanno mai predicato, come invece faceva la Meloni, l’uscita dalla Nato, l’uscita dall’euro, lo stop alle guerre, lo stop alle sanzioni alla Russia (quelle del 2014, dopo l’occupazione della Crimea), ecc. Invece la Meloni, in modo spregiudicato e ingannevole, dall’opposizione prometteva ciò che sapeva benissimo che non avrebbe mantenuto, e infatti sottobanco coltivava i rapporti con tutti i poteri forti a partire dagli Usa, prima con Trump e poi con Biden. Questa è la verità. In conclusione, il suo non è un inchino alla real politik, ma è un tradimento programmato dei suoi elettori.
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