Il dissidente russo Navalny dal carcere in Siberia comunica con messaggi video. Strano. La Russia non era una feroce dittatura?
Elmo Caselli
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Gentile lettore, che vuole, non c’è più la bella Siberia di una volta. Alexei Navalny, in galera per truffa, ci informa con un bel video girato in cella che sta bene. Gestisce profili social, legge i giornali, usa smartphone e computer, esprime opinioni e magari ha anche un ufficio attrezzato, sempre lì nel duro carcere al caviale. Non conosco altre dittature in cui un recluso – politico o penale che sia – gestisca profili social e comunichi liberamente con l’esterno. Né conosco una democrazia liberale (cioè occidentale) dove viga cotanta liberalità. In Italia le risulta che i detenuti di Casa Pound, gli anarchici, i boss mafiosi al 41 bis o i bancarottieri possano utilizzare smartphone, computer e posta elettronica? E in America? E in Inghilterra? Assange da anni è de facto al carcere duro senza condanna e senza poter disporre di un telefono o altro mezzo di comunicazione. E in Turchia? Il curdo Ocalan da 24 anni è il detenuto unico di un penitenziario su un’isola, senza poter parlare con alcuno. E nella “democratica” Israele? Chieda a Barghouti e alle migliaia di detenuti palestinesi se dal carcere possono gestire profili social e chieda perché molti di loro hanno perso i capelli, i denti, un occhio o 20 kg di peso. Altro che girare video dalla cella. Però il dittatore è Putin. Vorrei tanto che russofobi, islamofobi, sionisti, nuovi nazisti, stragisti, raccontaballe e democratici della cippa facessero pace coi loro cervelli e non infastidissero i nostri.
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