Se TeleMeloni doveva essere una rivoluzione culturale e di ascolti, allora si può dire che gli italiani l’hanno già rigettata. A dirlo non sono soltanto esperti e politici ma anche i dati dell’Osservatorio sulle Comunicazione di Agcom che, dopo aver scandagliato i primi nove mesi dell’anno rilevando gli ascolti medi giornalieri delle televisioni, hanno certificato un flop che non sorprende nessuno. Da gennaio scorso a settembre, infatti, il calo di share è stato a dir poco evidente con una flessione del 2,8 per cento registrata su base quotidiana e del 2,5 per cento nel prime time rispetto al 2022.
Detto in soldoni giornalmente gli ascolti medi sono passati da 8,31 milioni di spettatori dell’anno scorso agli 8,07 milioni di quest’anno. Nel prime time, ossia la fascia oraria ‘di punta’, si è passati dai 19,12 milioni di spettatori agli attuali 18,64 milioni. Si tratta di un dato preoccupante e che risulta ancor più grave se confrontato con il 2019 quando la riduzione nella fascia del prime time e nel ‘giorno medio’ è stata rispettivamente di 2,31 milioni di unità (-11 per cento) e 0,94 milioni (-10,4 per cento). Davanti a numeri tanto pesanti è chiaro che il calo ha riguardato anche gli ascolti delle edizioni dei principali telegiornali nazionali. Guardando agli ascolti della fascia serale, compresa trale 18:30 e le 20:30, c’è stato un tracollo dei tg che rispetto al corrispondente periodo del 2022 hanno perso 840 mila ascolti. In altre parole si è passati da 15,52 a 14,68 milioni di spettatori in appena dodici mesi. Va leggermente meglio guardando alla fascia oraria compresa tra le 12 e le 14:30 dove la flessione è stata di ‘soli’ 640 mila spettatori.
Telegiornali Rai in crisi: disservizio pubblico
Sempre stando ai dati di Agcom, a subire una pesante frenata sono stati soprattutto i telegiornali della Rai che nella fascia serale hanno perso su base annua il 6,3 per cento degli ascolti giornalieri, passati da 9,75 a 9,14 milioni di spettatori, con una riduzione per il TG1 delle 20:00 che ha toccato la spaventosa cifra dell’8,0% passando da 4,61 a 4,24 milioni di spettatori. Regge a malapena il TG3 delle 19 che ha perso soltanto il 3,5 per cento dello share. Ma a rendere ancor più evidente il fallimento della “nuova narrazione” chiesta dalle destre è soprattutto il dato del TG2 che è letteralmente tracollato nella sua edizione di punta, quella delle 20:30, segnando uno spaventoso -11 per cento, passando da 1,25 a 1,11 milioni di spettatori.
Davanti a uno scenario tanto negativo per il servizio pubblico, i telegiornali serali di Mediaset sembrano poter tirare un sospiro di sollievo. Questo perché anche le reti della famiglia Berlusconi hanno segnato una flessione complessiva ma questa si è attestata al -3,7 per cento, passando da 4,76 a 4,59 milioni di spettatori. Gli ascoltatori del TG5 delle 20:00 passano da 3,64 a 3,54 milioni, in flessione del 2,7 per cento, mentre quelli di Studio Aperto delle 18:30 scendono dai 540 mila di un anno fa agliattuali 500 mila segnando un -preoccupante -6,4% per cento. Forte flessione anche per il TG4 delle 19:00 che passa da 590 a 540 mila spettatori giornalieri circa, in calo del 7,3 per cento.
I nodi al pettine
“Come li scelgono i massimi vertici aziendali in viale Mazzini? In pochi giorni sono finiti nell’occhio del ciclone il direttore dell’approfondimento giornalistico Paolo Corsini, per le sue uscite contro la segretaria del Pd Elly Schlein e per essersi considerato a tutti gli effetti di Fratelli d’Italia alla festa di Atreju e, oggi, il direttore del Day time, Angelo Mellone, sconfessato dall’azienda per una sua intervista. Su Mara Venier e Fiorello le sue sono state parole in libertà e non corrispondono al pensiero dell’azienda, fanno sapere da viale Mazzini”. A scriverlo in una nota Sandro Ruotolo, responsabile informazione dei dem e Stefano Graziano, capogruppo Pd in commissione di Vigilanza Rai secondo cui: “Siamo ancora in attesa di conoscere i provvedimenti della Rai su Corsini e pensiamo che la presa di distanza dal direttore del Day Time non sia sufficiente. C’è bisogno di provvedimenti. I primi otto mesi di TeleMeloni sono stati penalizzanti per il servizio pubblico. La destra ha occupato il palazzo senza avere una visione per il futuro della Rai e la mancanza di punti di vista diversi provoca la crisi di oggi, di un’azienda che è stata di tutti e che deve tornare ad essere di tutti. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è consapevole della condizione in cui versa la Rai? Che intende fare?”.