Cartelle da migliaia di euro. Che famiglie con redditi bassi o praticamente nulli dovranno pagare a causa di un censimento di ben 8 anni fa. I residenti di 25mila case popolari della Capitale hanno ricevuto le cartelle spedite da Aequa Roma, la società di riscossione del Campidoglio, per il pagamento di quello che nell’oggetto della lettera viene definito “Corrispettivo unità immobiliare appartenente al patrimonio di edilizia residenziale pubblica”.
E, viene sottolineato nelle stesse lettere, “in caso di ritardo saranno applicati i relativi interessi di mora”. Aequa ha inviato le richieste di pagamenti che derivano dal completamento dell’elaborazione del censimento sui redditi degli inquilini. Il problema non è solo sul ritardo, ma anche gli importi, che in alcuni casi sono superiori ai 5mila euro.
E, ricordiamolo, le lettere sono state inviate e famiglie che solitamente si trovano in una forte difficoltà dal punto di vista economico, vivendo in alloggi popolari anche con pochi euro al mese. L’altro problema è quello delle tempistiche. Come accennato, i dati si riferiscono a una situazione che risale ad almeno sei anni fa, con quella data utilizzata per elaborare le situazioni reddituali degli assegnatari. Se non peggio, perché in realtà la mossa del Campidoglio per stanare i furbetti che non dichiarano il loro reale reddito prende in considerazione un censimento addirittura del 2015, ben otto anni fa.
Altro mondo
Inutile dirlo, la situazione oggi è completamente diversa rispetto ad allora. Tutto è cambiato, soprattutto negli ultimi anni: basti pensare al Covid e a tutti i problemi economici legati alla pandemia, così come gli effetti dell’inflazione e di una crisi economica che attanaglia le famiglie. Eppure nulla di tutto ciò viene considerato. Gli affitti dovuti da queste famiglie si calcolano comunque sul censimento di diversi anni fa, senza considerare tutto quello che è successo dopo. E sulla base di quelle cifre vengono anche applicati i conguagli.
Per di più, in alcuni casi non si tratta di una sola cartella, perché – come racconta il Corriere della Sera – nel 2019 è stato effettuato un nuovo censimento (anche in questo caso pre-Covid e crisi) e quindi sono stati elaborati nuovi conti da parte di Aequa Roma, con nuove richieste di pagamento e nuovi bollettini. Di certo la questione non si chiude qui, anzi è quasi certo che arriverà una valanga di ricorsi. Sempre che non intervenga la prescrizione, a salvare migliaia di famiglie che si trovano a pagare cifre esorbitanti. Il tema è stato affrontato in commissione Bilancio in Campidoglio, dove è stato notato che in alcuni casi il ricalcolo è stato effettuato a novembre 2018, quindi entro il tempo massimo di cinque anni per evitare la prescrizione.