Più che della guerra in Ucraina che si trascina stancamente da ventidue mesi, ormai a fare notizia sono solo le polemiche politiche. A tenere banco è lo scontro, nemmeno tanto sotterraneo, tra il presidente Volodymyr Zelensky e il capo delle forze armate Valery Zaluzhny. Che tra i due ci fosse maretta, è noto. Ma quelle che fino ad ora sono state divergenze di vedute su come condurre il conflitto, con il generale che spesso ha dovuto chinare il capo davanti alle richieste in ambito militare del suo presidente, di ora in ora si stanno intensificando tra epurazioni di fedelissimi di Zaluzhny, critiche spesso al vetriolo e la sensazione che entrambi siano alla ricerca di un capro espiatorio su cui scaricare la disastrosa controffensiva che, secondo diversi esperti, è il preludio alla sconfitta finale di Kiev.
Visioni divergenti sotto le quali, in realtà, cova una resa dei conti in vista delle elezioni presidenziali previste per la prossima primavera dove Zaluzhny, dato da tutti come probabile sfidante, nei sondaggi è ormai appaiato a Zelensky. A lasciarlo intendere in modo esplicito è stato proprio il presidente ucraino che nella conferenza di fine anno ha detto, senza mai citare il capo delle forze armate, che i vertici militari starebbero pensando a una mobilitazione di 500mila unità, abbassando l’età minima per combattere a 25 anni e dicendosi contrario a tutto ciò perché “mancano fondi”. Tutte frasi che per gli opinionisti non sarebbero altro che propaganda con cui cercare di mettere in cattiva luce il suo probabile sfidante alle presidenziali così da fargli perdere consensi.