Il cardinale Giovanni Angelo Becciu è stato condannato a cinque anni e sei mesi di reclusione e ottomila euro di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici dal Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Con la sentenza emessa oggi, dopo 86 udienze, il Tribunale ha definito il giudizio di primo grado del processo a carico di dieci imputati e quattro società per diverse vicende, la principale delle quali riguarda un palazzo di Londra, a Sloane Avenue.
“In ordine a questa – si legge in una nota -, il Tribunale ha ritenuto sussistente il reato di peculato (art. 168 c.p.) in ordine all’uso illecito, perché in violazione delle disposizioni sull’amministrazione dei beni ecclesiastici (ed in particolare del canone 1284 C.I.C.), della somma di 200.500.000 dollari USA, pari a circa un terzo delle disponibilità all’epoca della Segreteria di Stato. Detta somma è stata versata tra il 2013 e il 2014, su disposizione dell’allora Sostituto mons. Giovanni Angelo Becciu, per la sottoscrizione di quote di Athena Capital Commodities, un hedge fund, riferibile a Raffaele Mincione, con caratteristiche altamente speculative e che comportavano per l’investitore un forte rischio sul capitale senza possibilità alcuna di controllo della gestione”.
Il processo in Vaticano del Cardinale Becciu
Il Tribunale ha quindi ritenuto colpevoli del reato di peculato monsignor Becciu e Raffaele Mincione, “che era stato in relazione diretta con la Segreteria di Stato per ottenere il versamento del denaro anche senza che si fossero verificate le condizioni previste, nonché, in concorso con loro, Fabrizio Tirabassi, dipendente dell’Ufficio Amministrazione, ed Enrico Crasso”.
Quanto all’utilizzo successivo della somma, servita – fra l’altro – per l’acquisto della società proprietaria del palazzo di Sloane Avenue e per numerosi investimenti mobiliari, il Tribunale ha ritenuto Raffaele Mincione colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421-bis c. p.). Ha invece escluso la responsabilità di monsignor Becciu, Enrico Crasso Enrico e Fabrizio Tirabassi in ordine agli altri reati di peculato loro contestati perché il fatto non sussiste, “non avendo più la Segreteria di Stato la disponibilità del denaro una volta che esso era stato versato per sottoscrivere le quote del fondo”.