di Clemente Pistilli
Dalla fiction alla realtà. Gianfranco Urbani, detto Er Pantera, uno degli esponenti del nucleo storico della Banda della Magliana e noto agli appassionati di “Romanzo Criminale” come “Er Puma”, è finito di nuovo sotto processo. Arrestato a maggio con l’accusa di essere tra i principali artefici di un colpo da sei milioni e mezzo di euro ai danni della “Sicurtecna” di Guidonia, quando stava per mettere il piede fuori da Rebibbia per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva, l’ormai anziano pregiudicato romano si è visto disporre dal gip del Tribunale di Tivoli il giudizio immediato. Per gli inquirenti le prove sulla colpevolezza di Urbani e di altri cinque coimputati sono evidenti e devono andare subito a rispondere del maxi-furto davanti ai giudici.
La notte tra il 22 ed il 23 dicembre dello scorso anno venne svuotato il caveau dell’istituto di vigilanza, sulla via Palombarese, e presero il volo 6.800.000 euro. Ad entrare in azione furono cinque malviventi che, manomesse le telecamere di sorveglianza per evitare di essere ripresi, misero le mani su sei sacchi pieni di denaro e , stando alle indagini svolte dalla Mobile di Roma, tutto grazie alla complicità di una guardia giurata. La Polizia, entrata in azione in un locale di Artena, sei mesi fa riuscì a recuperare circa un milione e mezzo, arrestando gli indagati. Er Pantera, da sempre uomo di parole più che di pistole, come suo stile preferì non rispondere alle domande del gip, e da maggio è in carcere, in quelle stesse celle dove negli anni passati cucinò e si prese cura anche del ministro Mario Tanassi, quando il politico finì dietro le sbarre per lo scandalo Lockheed, legato all’acquisto degli Hercules C-130 per l’Aeronautica Militare. Un’autorità nel mondo della criminalità, sia dentro che fuori dal carcere. Il processo ormai è prossimo. Ma se, dopo essere per anni sparito dalla scena, a 75 anni Urbani deve tornare sul banco degli imputati, “Er Puma” un altro film sembra già averlo scritto proprio con il furto alla “Sicurtecna”. Di cinque milioni di euro non è stata ancora trovata traccia e, se verrà confermato il coinvolgimento dell’imputato nel colpo, un bel tesoro lui sembra averlo messo comunque al sicuro.