Procedono tra le polemiche e a passo di lumaca i lavori della Manovra in commissione bilancio del Senato. Alla fine il tanto atteso emendamento del governo che doveva ridefinire i costi del Ponte sullo Stretto è arrivato. La proposta di modifica rimodula i fondi stanziati per l’opera infrastrutturale prevedendo una riduzione degli oneri a carico dello Stato di 2,3 miliardi (su un totale di circa 11,6 miliardi al 2032).
Alla fine il tanto atteso emendamento del governo che doveva ridefinire i costi del Ponte sullo Stretto è arrivato
Le risorse risparmiate dallo Stato vengono recuperate dal Fondo di sviluppo e coesione: 718 milioni arrivano dalla quota del fondo destinata alle amministrazioni centrali e 1.600 dalla quota destinata alle regioni Calabria e Sicilia. Il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs, Angelo Bonelli, parla di “golpe contro il Sud”. Non meno duro il Pd: “Sarebbe l’ennesimo scippo ad un fondo che serve ad altro e che sta diventando la tasca di Pantalone di un governo che non sa che pesci prendere per trovare le risorse di una manovra che non si preoccupa di trovare risorse per la sanità pubblica ma cerca soldi per tenere buono Salvini che usa soldi che c’erano, ed erano delle regioni, e decide unilateralmente di finanziare alcune opere: siamo ai carrarmati di Mussolini, ma non ci facciamo prendere in giro”, dichiara il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia.
“Giorgia Meloni agisce come lo sceriffo di Nottingham che ruba ai poveri per dare ai ricchi. Finanziare il Ponte sullo Stretto e tutte le lobby che ruotano interno a questo progetto con i fondi di coesione che dovrebbero eliminare le disparità territoriali fra i territori europei e sostenere l’occupazione e la crescita è pura follia”, dice Laura Ferrara, europarlamentare del Movimento 5 Stelle. Val la pena ricordare che c’era già stato il dirottamento sul Fondo di sviluppo e coesione di una bella fetta di progetti legati al Pnrr. In parole povere, il governo sta scambiando il Fondo di sviluppo e coesione per il pozzo di San Patrizio, ha commentato la senatrice pentastellata Ketty Damante.
Il Mef blocca qualsiasi ipotesi di proroga del Superbonus 110%. Ma per FI e FdI è necessaria una soluzione diversa
Ma è sul Superbonus che va in onda l’ultima farsa della maggioranza e del governo. Tanto amato e poi altrettanto odiato, è ancora una volta l’incentivo all’edilizia a portare scompiglio, questa volta nella stessa maggioranza di governo e in piena sessione di bilancio. La Manovra, blindata, aspetta ancora gli emendamenti dei relatori e Forza Italia ne approfitta per rimettere sul tavolo la proroga dell’agevolazione al 110% per i condomini. Un tentativo subito stoppato dal Mef, che non ha nessuna intenzione di riaprire i cordoni della borsa, ma che non placa il pressing di una parte della maggioranza: anche Fratelli d’Italia con il senatore, e relatore, Guido Liris propone una soluzione che allenti la stretta sul Superbonus e copra i lavori degli ultimi mesi del 2023, attualmente a rischio di finire rimborsati solo al 70% e non più al 110%. Ma non è detto che la questione si debba risolvere in manovra perché, ricorda il vicepremier Antonio Tajani, c’è anche il Milleproroghe.
La giornata si apre con un’altra seduta inconcludente della commissione Bilancio del Senato che ancora non inizia l’esame degli emendamenti alla Manovra perché ne mancano alcuni. Un altro ostacolo alla tempistica che rischia di allungarsi fino a Capodanno. Alla Camera scatta l’allarme sui tempi ridottissimi per il confronto e Forza Italia chiede un vertice di maggioranza per avere rassicurazioni direttamente dalla premier Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio si fa garante del rispetto delle prerogative del Parlamento e sollecita tutti a fare in fretta. Ma al di là dei rischi sui tempi e delle polemiche per il numero elevato di emendamenti dei relatori attesi (circa una trentina, su diversi temi), è sempre il Superbonus a dominare il dibattito. Il tentativo di sfondamento di Forza Italia, arginato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, non chiude la partita.
Per adesso sbarra soltanto una strada, quella della proroga dei termini: il 31 dicembre è l’ultimo giorno utile per produrre fatture rimborsabili al 110%. Dal 1 gennaio, i lavori saranno rimborsati al 70%. Ma dato che le fatture sono rimborsate in blocco solo ad ogni Stato avanzamento lavori (o Sal) superato, i lavori effettuati negli ultimi mesi del 2023 che non raggiungono la soglia di uno dei tre Sal previsti (30%-30%-40%) rischiano di non rientrare nel 110%. È per aiutare questi condomini che si pensa ad un’altra ipotesi, cioè una soglia Sal flessibile (o straordinaria) che copra tutti i lavori degli ultimi mesi dell’anno.
“Secondo me è una cosa che va fatta, continueremo a parlarne, c’è anche il Milleproroghe”, ha detto Tajani, spiegando di voler intervenire per chi è già “al 70% dei lavori”. Il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, invita alla cautela: “È un tema su cui ci si deve muovere con molta accortezza, prima di scrivere una norma e di garantire che venga approvata dal Parlamento”.
Per Confartigianato e Cna senza una proroga limitata a favore dei condomini si metterebbero a rischio circa 25mila cantieri
Per Confartigianato e Cna, senza una proroga limitata a favore dei condomini per portare a termine gli interventi del Superbonus 110% si metterebbero a rischio circa 25mila cantieri. La riduzione del beneficio al 70% a partire dal primo gennaio provocherebbe devastanti effetti economici e sociali aggiungendosi alla già pesante situazione dei crediti incagliati, sulla quale sono ancora in attesa di risposte. Un intervento legislativo, di ridotto impatto sulle finanze pubbliche, si rende quanto mai necessario per evitare contenziosi fra cittadini e imprese e pericolose “corse” per terminare i lavori; in tal senso andrebbe prevista una proroga di almeno tre mesi, per i cantieri presso i condomini, condizionata, però, dall’aver realizzato, al 31 dicembre 2023, almeno il 60% dell’intervento globale.
Sui tempi della Manovra, intanto, dopo il vertice di maggioranza alla Camera fonti di centrodestra fanno sapere che è “realistico” il via libera definitivo entro il 29 dicembre. Due le ipotesi esaminate: una per concludere i lavori prima di Natale, se il Senato dà l’ok entro il 19; l’altra è arrivare in commissione alla Camera prima del 25 e chiudere tra 27 e 30 dicembre.