Non ce la faccio più a vedere immagini di stragi a Gaza. Migliaia di civili uccisi, resi invalidi. Bambini ammazzati. Una carneficina. Non ce la faccio, ho pianto troppo. Forse è una debolezza di donna.
Annarita Gatti
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Gentile lettrice, non è una debolezza femminile: è solo umanità, cui ripugna l’orrore di una guerra che non è una guerra bensì una mattanza dove i soldati ammazzano civili indifesi. Nemmeno Hitler o Stalin uccidevano un bambino ogni dieci minuti. Vede, ai miei tempi era obbligatorio il servizio di leva. Mi arruolai controvoglia come ufficiale di fanteria, ma finii per rimanervi più di tre anni, ben oltre i 18 mesi previsti, perché lo Stato Maggiore per trattenermi mi offrì incarichi di rilievo che mi portarono in ogni angolo d’Europa e il permesso di scrivere per i giornali. Ebbi così modo di riflettere a lungo sulle guerre. Ricordo un maresciallo che, durante il corso di addestramento nella Scuola di Cesano, ci dava lezioni sulle bombe anticarro a carica cava, che sviluppavano temperature tali da fondere le lamiere d’acciaio in meno d’un secondo. Rispondendo alle nostre domande, spiegò che i corpi di chi era all’interno dei carri si liquefacevano e la materia organica, raffreddandosi, rimaneva incollata ai rottami come una pellicola di cellophane. Quelli che erano stati figli, padri, fratelli, creature viventi e senzienti, diventavano brandelli, pellicole. A fine lezione il maresciallo sospirò e disse: “Col tempo dimenticherete tante nozioni, ma una cosa ricordatela sempre: la guerra è il massimo orrore che esista”. Quello era un soldato e un uomo, nel vero senso della parola.
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