Oggi incroceranno le braccia medici e infermieri, Mariolina Castellone, vicepresidente M5S del Senato, che succede?
“Succede che questa manovra entra a gamba tesa sulle pensioni di 732mila dipendenti pubblici, tra cui 40mila tra medici e infermieri, che rischiano di subire una decurtazione degli assegni pensionistici che va da poche a diverse centinaia di euro al mese. E quindi, giustamente, oggi questo personale sanitario incrocerà le braccia. Evidentemente non sono state rassicuranti le promesse del Governo di correggere parzialmente questa follia nel maxiemendamento alla legge di Bilancio, anche perché il danno fatto è davvero gravissimo ed ha destabilizzato milioni di lavoratori che non si fidano più di uno Stato che procede in modo schizofrenico cambiando e ricambiando regole che incidono sulla vita e sul futuro dei cittadini”.
Voi del Movimento Cinque Stelle avete fatto notare che ai tempi della pandemia medici e infermieri venivano chiamati “eroi”, oggi invece sono diventati il bancomat del governo.
“Il Governo Meloni sembra non avere ben chiaro che se questo Paese ha retto l’urto della pandemia è stato proprio grazie alla resilienza del nostro personale sanitario. Un personale che ha lavorato nel momento più complicato della nostra storia senza mezzi adeguati e sotto organico, sottoponendosi a turni massacranti e in molti casi sacrificando la propria stessa vita. Questo personale oggi merita risposte concrete e merita di veder riconosciuto il proprio impegno attraverso una valorizzazione dei contratti di lavoro, considerando peraltro che i nostri medici e i nostri infermieri sono tra i meno pagati d’Europa. Bisogna anche programmare un nuovo piano di assunzioni e stabilizzazione di personale precario, e per questo noi in legge di Bilancio abbiamo proposto di superare il blocco delle assunzioni di personale ancora legato a parametri vecchi ed ormai obsoleti. Questo Governo invece continua a navigare a vista, senza un piano di riforme, ormai non più procrastinabili, e continua a penalizzare il personale sanitario che lavora nel pubblico, rafforzando invece i canali per i medici gettonisti e destinando in legge di Bilancio più risorse alla sanità convenzionata”.
Un dossier dell’Ocse dice che in Italia cala l’aspettativa di vita dal quarto al nono posto. Manca personale sanitario, male i posti letto. E nella spesa pro capite siamo molto indietro.
“Un dato su tutti, costantemente ricordato dalla Fondazione Gimbe: oggi la spesa sanitaria pubblica pro capite in Italia è di 3.255 dollari, contro una media dei Paesi europei dell’Ocse di 4.128 dollari. E c’è una differenza di diverse centinaia di euro da regione a regione con un Sud Italia che fatica a garantire ai cittadini perfino i servizi essenziali. A ciò si aggiunge lo scellerato progetto di autonomia differenziata che questo governo sta portando avanti in modo spedito e che non farà altro che aggravare le differenze tra cittadini di serie A e cittadini di serie B, cristallizzando ed aumentando i divari che già oggi sono incolmabili. Il tutto dopo una pandemia che ci ha dimostrato con chiarezza come per la sanità serva invece un maggiore coordinamento ed una governance centrale per garantire a tutti l’accesso al diritto alla tutela della salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione. Per questo il M5S ha depositato in Senato una proposta di legge per modificare il Titolo V della Costituzione e prevedere un maggior ruolo di indirizzo dello Stato centrale nella gestione della sanità”.
Un nuovo studio della Fondazione Gimbe rivela come con i tagli al Pnrr si perdono 500 tra ospedali e case di comunità; si ridimensionano gli interventi di messa in sicurezza antisismica degli ospedali; si riducono di 808 unità i posti letto in terapia intensiva.
“Il M5S ha prontamente denunciato questo scempio, stigmatizzando l’incapacità di questo Governo nella gestione del PNRR. Non solo questo Esecutivo non riesce a mettere in campo risorse e progetti di crescita per il Paese, che infatti dopo anni di PIL in salita è tornato alla stagnazione, ma addirittura questo Governo non riesce nemmeno a gestire i 209 miliardi di euro del PNRR che ha ereditato da chi, con grande impegno e bravura, aveva ottenuto il più grande investimento pubblico degli ultimi decenni. Il ministro Fitto ha dichiarato di rinunciare a ben 16 miliardi di euro del PNRR che andavano a coprire progetti contenuti in diversi capitoli di spesa tra cui proprio la sanità, che vedrà tagliate 500 strutture tra ospedali e case di comunità. L’Esecutivo si è poi affrettato a dire che le risorse per recuperare questo taglio verranno attinte dai fondi per l’edilizia sanitaria e l’ammodernamento tecnologico. Peccato che, nel documento approvato dalla stessa Commissione Ue, sia scritto che i suddetti fondi sono indicati dal Governo solo per compensare i tagli agli interventi di messa in sicurezza antisismica degli ospedali. Ma poi, mi scusi, come si può procedere cercando di tappare un buco aprendone un altro?”
La situazione dei Pronto soccorso rimane critica. Idem per le liste d’attesa.
“Il taglio operato dal Governo nella rimodulazione del Pnrr avrà un effetto drammatico sulla creazione di quel filtro territoriale che serviva anche ad alleggerire la pressione sui pronto soccorso, garantendo ai cittadini l’accesso a luoghi di cura aperti 24 ore su 24 dove poter gestire tutte quelle urgenze che non richiedono necessariamente un passaggio in pronto soccorso, che oggi invece rappresenta l’unico terminale per tanti pazienti. I pronto soccorso ormai sono delle trincee, per i cittadini e per gli operatori sanitari, che vanno tutelati ed incentivati a restare, ecco perché noi in legge di Bilancio abbiamo proposto di raddoppiare l’indennità di specificità dei medici dei pronto soccorso e di riconoscere una indennità di rischio lavorativo per i medici del 118. Se questi operatori lavorano in condizioni più critiche degli altri deve esserci un giusto riconoscimento anche economico”.
Crede che da parte delle destre ci sia un mal celato tentativo di spingere verso la sanità privata?
“Non è mal celato, è scritto nero su bianco in legge di Bilancio che si stanno destinando altri 2 miliardi di euro in 3 anni alla sanità privata e ci sono diversi imprenditori della sanità privata eletti in Parlamento nelle file del centrodestra, così come ci sono ex esponenti di spicco del centrodestra nominati nei Cda delle cliniche private. Siamo di fronte ad una perenne ‘revolving door’ e non credo serva molto altro a dimostrare da che parte penda la bilancia di questo Governo”.
Il governo si è vantato di aver inserito in Manovra più risorse di quanto abbiano mai fatto i suoi predecessori.
“Purtroppo Giorgia Meloni è caduta in un ‘obbrobrio economico’, vantandosi di aver portato la spesa sanitaria pubblica al livello record di 136 miliardi. Alla premier evidentemente sfugge che gli investimenti in sanità si calcolano in rapporto al Pil e non in termini assoluti per ragioni che anche un bambino capirebbe. Se tu mi dai 1, ma io ho bisogno di 10, tu potrai pure dire che mi hai aumentato la dotazione di 1, ma in realtà mi stai togliendo 9. Poi è davvero illogico presentare gli attuali 136 miliardi di euro in dotazione al Fondo Sanitario Nazionale come farina del sacco del Governo, visto che inglobano tutti i precedenti stanziamenti. Se proprio vogliamo stare sull’aumento della spesa sanitaria in termini assoluti, il Governo Conte II e il M5S hanno fatto molto meglio del Governo Meloni e del centrodestra portando nel biennio 2020-2021 il finanziamento della sanità pubblica da 115 a 127 miliardi, incrementando quindi il FSN di ben 12 miliardi, ai quali vanno aggiunti i 15,6 miliardi della missione salute del Pnrr. Ergo: con Conte in due anni sono stati stanziati 27 miliardi in più per la sanità. Con Meloni nel biennio 2023-2024 sono stati stanziati appena 5 miliardi, divorati peraltro dagli aumentati costi dell’energia e dall’inflazione. Noi proponiamo che si istituisca per legge un finanziamento sanitario minimo che non scenda mai sotto il 7% del Pil, che non solo è la soglia lasciata in eredità da Conte e dal M5S, ma è anche la media Ue e Ocse. Oggi il Governo prevede di far scendere questo tetto al 6,4%, meno di quanto si investisse prima della pandemia. Una follia”.
Bonus psicologo. A che punto siamo?
“Anche dopo il nostro pressing parlamentare si è deciso di rifinanziare il bonus psicologico da noi introdotto dopo la pandemia, ma questo Governo stanzia fondi insufficienti. Quello della salute mentale è un altro ambito in cui serve una riforma strutturale: bisogna introdurre la figura dello psicologo scolastico e lavorare a progetti che integrino sempre meglio le scuole e le università nelle reti in cui opera il personale della sanità territoriale che si occupa di salute mentale”.
Il governo a parole dice di voler incentivare la natalità ma poi nei fatti cosa fa di concreto?
“Purtroppo non sta facendo nulla, al di là dei soliti, sterili proclami. In legge di Bilancio ha addirittura aumentato l’Iva sui prodotti per l’infanzia e l’igiene femminile, nella rimodulazione del Pnrr ha tagliato 100 mila posti negli asili nido, soprattutto al Sud, lo scorso 1° maggio ha approvato un decreto ‘lavoro’ che in realtà incrementa il ricorso a tutte le forme di lavoro precario. Questa sarebbe una politica anti denatalità? La realtà è che oggi una giovane coppia non ha alcuna possibilità di pianificare con serenità il proprio futuro”.
Come si combatte la violenza contro le donne?
“Le donne vanno supportate in modo concreto e in tutti gli ambiti, da quello familiare a quello lavorativo. Abbiamo un grande lavoro da fare come Paese perché serve una rivoluzione culturale, sociale ed educativa per combattere la piaga della violenza di genere. Bisogna rendere le donne indipendenti e libere dal punto di vista economico. È importante rendere le norme contro la violenza di genere più severe ed efficaci ma è fondamentale agire sulla prevenzione della violenza e sulla rieducazione degli uomini maltrattanti. La prevenzione passa soprattutto attraverso l’educazione alla gestione dell’emotività e della sessualità che deve partire dalle scuole e va affidata a personale specializzato. Insomma, c’è un grande lavoro da fare ma se vogliamo rendere questo Paese davvero a misura di donne dobbiamo partire immediatamente”.