Oggi il verdetto su Expo 2030. Meloni e Rocca non ci mettono la faccia

Oggi si decide quale città ospiterà l’Expo 2030. La sfida di Roma a Riyad si giocherà tutta nel giro di pochi minuti.

Oggi il verdetto su Expo 2030. Meloni e Rocca non ci mettono la faccia

Il grande giorno è arrivato. Oggi si decide quale città ospiterà l’Expo 2030. La sfida di Roma a Riyad si giocherà tutta nel giro di pochi minuti. Si vota al Palais des Congrès di Issy-les-Moulineaux, comune a dieci chilometri da Parigi. Qui i delegati di 182 Paesi dovranno scegliere quale città ospiterà l’esposizione universale tra sette anni. Assenta la Meloni, che da premier e da romana aveva promesso il massimo impegno per portare nella nostra Capitale questo evento. E invece ha fatto pochissimo. Neppure metterci la faccia alla fine di un percorso che ha visti decisamente più impegnati il sindaco Gualtieri e l’ex sindaca Raggi.

Oggi si decide quale città ospiterà l’Expo 2030. La sfida di Roma a Riyad si giocherà tutta nel giro di pochi minuti

Neppure il presidente della Regione, Francesco Rocca sarà presente, a ulteriore prova di quanto le destre abbiano spinto per questo evento. La sfida d’altra parte è a tre, ma Riyad ha giocato tutto il peso economico e politico che aveva. E non è poco. Per quanto riguarda il meccanismo di scelta, ogni città candidata è indicata con un numero su una sorta di telecomando in mano ai delegati. L’1 per dare la preferenza a Busan, città della Corea del Sud, 2 per Roma e 3 per la capitale dell’Arabia Saudita, Riyad. Tre visioni diverse che si sfidano: Busan punta su un progetto iper-tecnologico, Roma sulla storia e sulla cultura, Riyad sui soldi, con cifre astronomiche (parliamo di diversi miliardi) spese in una vera e propria campagna elettorale.

La decisione verrà presa in occasione della 173esima assemblea generale del Bie, Bureau International dex Expositions. L’annuncio della città vincitrice è atteso intorno alle ore 17. Ma si inizia prima, alle 13:30, quando le tre candidate rivolgeranno l’ultimo appello al voto ai delegati. Il voto appunto: al primo turno si vince solamente se si raggiunge la maggioranza dei due terzi, ovvero circa 120 voti. Obiettivo molto difficile, come dimostrano anche le edizioni passate. Se nessuno dovesse raggiungere questo obiettivo si andrebbe al ballottaggio tra i due Paesi che hanno ottenuto più voti al primo turno. Il voto è segreto, nonostante l’Arabia Saudita avesse chiesto di renderlo palese per il timore di un “tradimento” nel segreto dell’urna da chi ha invece assicurato il voto a Riyad.

Meloni e Rocca non ci mettono la faccia. Il Campidoglio punta al secondo turno

Alle 13:30 si parte con gli appelli: 20 minuti per ogni città, nel tentativo di conquistare gli indecisi. Non ci sono numeri certi, ma secondo i pronostici la favorita è Riyad, che può contare su 90-100 voti al primo turno. Poi ci sarebbe Roma intorno a quota 50 e Busan a 30. Cifre tutte da confermare però, soprattutto per il voto segreto e per gli indecisi. La città meno votata viene esclusa dal ballottaggio, su cui punta invece Roma. Se dovesse raggiungerlo, probabilmente potrà contare sui voti di Busan, che dovrebbero confluire sulla Capitale (almeno in gran parte).

In più Roma spera di riuscire a recuperare voti andati a Riyad al primo turno, perché in fondo gli accordi riguardano più la prima votazione che non il ballottaggio. Per esempio Roma spera di strappare la Francia ai sauditi almeno per il ballottaggio: il presidente Emmanuel Macron, però, si è sempre schierato con Riyad e sicuramente Parigi la voterà al primo turno. Chi ha scelto la terza candidata dovrà optare per una delle prime due o per l’astensione. Prima del duello finale ci sarà un altro quarto d’ora, l’ultimo disperato tentativo di strappare voti alla rivale. Tutta la procedura avverrà con i delegati isolati completamente dall’esterno: avranno un device, una sorta di telecomando, su cui premere i diversi tasti: 1 per Busan, 2 per Roma, 3 per Riyad e 4 per l’astensione.

Il dossier di Roma si concentra sull’area di Tor Vergata. Tra i progetti c’è la realizzazione di un parco solare composto da alberi che aprono e chiudono dei pannelli per catturare l’energia, che verrebbe utilizzata da 45 famiglie. Ma il dossier prevede il coinvolgimento anche di altre aree, come per il padiglione che andrebbe nell’area del Colosseo, l’eventuale porta d’ingresso a Expo 2030. Per aprire poi un percorso di 20 chilometri per l’Appia Antica, fino a raggiungere Tor Vergata. L’esposizione potrebbe portare un giro d’affari per la città che uno studio ha stimato in circa 50 miliardi e 300mila nuovi posti di lavoro. A cui aggiungere le ricadute turistiche. Quelle indirette, grazie alla vetrina enorme per la Capitale di un evento di questa portata, e quelle dirette con l’ipotesi di ben 30 milioni di presenze in città durante l’esposizione. Roma sa di partire sfavorita, ma negli ultimi mesi ha fatto di tutto – a ogni livello – per provare a recuperare lo svantaggio su Riyad.

Qualche carta da giocare la nostra Capitale di certo ce l’ha, anche se le chance sembrano limitate. Sicuramente Roma spera nel voto segreto, che potrebbe tradire l’Arabia Saudita. Poi c’è la questione su cui di più punta l’Italia, relativa ai valori culturali dell’occidente e ai diritti civili non rispettati nel Paese saudita. Con la speranza che proprio questi valori possano portare più voti a Roma nella sfida decisiva (eventuale, ricordiamo) del ballottaggio. E proprio il secondo turno è fondamentale per ribaltare i pronostici in una sfida all’ultimo voto con Riyad. Di certo, per una volta, tanti hanno lavorato nella stessa direzione in Italia. Ma non tutti. Nella speranza di portare comunque l’Expo a Roma nel 2030.

 

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