Sulla cresta dell’onda da quasi 40 anni, dal teatro alla tv, da autore di libri di successo a conduttore radiofonico, Cristiano Militello si racconta.
Che tipo di carriera immaginavi prima che arrivasse il grande successo televisivo?
“A volte mi sono visto commesso in un negozio di dischi o in una libreria, per qualche mese commissario di polizia. In realtà, da sempre, ho voluto lavorare nel mondo dello spettacolo. Ho versato il primo contributo Enpals nel 1984 quando, quindicenne, giravo i teatri italiani appresso a Gigi Proietti; dieci anni dopo ero un cabarettista neolaureato in Scienze Politiche militante in un programma tv comico toscano oggetto di culto. Un ulteriore decennio dopo – dunque con già 20 anni di piazze, sagre, conventions, provini – l’usura di questo lavoro si faceva sentire. Da “nuovo talento” ero passato al “bravo che però non sfonda”; molti dei colleghi con cui ero partito (Conti, Pieraccioni, Panariello, etc.) erano già “arrivati” e la gente mi diceva: “peccato perché anche tu ERI bravo”. Quell’imperfetto mi prepensionava pur essendo ancora giovanissimo. Se nel 2004 non fosse arrivata la chiamata di Striscia, forse avrei smesso”.
Come è nata l’idea di dare voce agli striscioni negli stadi?
“Dalla passione per il mondo del tifo e della goliardia. Negli stadi italiani coltiviamo il talento di essere graffianti, irriverenti, anche caustici, ma con ironia. Questa passione sfociò prima in una vasta collezione di foto e poi nello spunto per un libro che raccogliesse gli striscioni più divertenti degli stadi italiani, idea proposta inutilmente a tutte le major editrici, fin quando Gino & Michele decisero di pubblicarla. Sei ristampe, trecentomila copie, una recensione di Aldo Grasso in prima pagina del Corriere, un provvidenziale Costanzo show la sera prima dell’uscita del libro: per alcune settimane “Giulietta è ‘na zoccola” fu più venduto di Dan Brown. Poco dopo Striscia mi contattò, e a distanza di 19 anni possiamo dire che fu una buona intuizione. Da pochissimo è uscita in libreria “Giulietta è ‘na zoccola – forever”, l’antologia completa di 50 anni di striscioni ironici delle curve italiane”.
Avrai sicuramente qualcosa da raccontare sui tanti tifosi incontrati, sulle testimonianze d’affetto…
“Certo, i devastanti pranzi prepartita con gli udinesi e i reggini. Le accoglienze caldissime a Taranto, Potenza, Messina. Gli striscioni in mio onore di cui ho perso il conto. A Bologna trovai scritto “Militello for president”, a Palermo una coppia mi invitò a cena tramite uno striscione, per la Festa della Dea mi vennero a prendere al casello 100 atalantini in scooter. Il plus è proprio il rapporto con la gente. Se dispensi buonumore e fai dimenticare per qualche minuto una giornata dura, il pubblico ti è riconoscente. Uno dei risultati a cui tengo di più è l’esser riuscito a destreggiarmi nel mondo del calcio (che si prende ancora troppo sul serio) ed essere benvoluto ovunque, persino a Livorno, con la precisazione ‘peccato, l’unica cosa è che sei di Pisa!’”.
In quale delle varie forme di arte e di spettacolo che hai sperimentato ti senti più a tuo agio?
“Potessi, camperei solo di teatro. Ho iniziato da lì, lì torno ogni tanto e forse è quello che so fare meglio. Dà una gratificazione incredibile e ha una poetica che gli altri media non possiedono. Dal 2014, per 3 anni, ho portato in scena un one man show in cui ho messo in scena me stesso in modalità stand up comedian. Un’esperienza unica. Fare molte cose è una necessità: spazio molto per non incasellarmi e non essere incasellato, altrimenti rischi di essere per sempre quello degli striscioni. Auguro lunghissima vita a Striscia ma poter condurre un programma tutto mio, a medio termine, mi intrigherebbe molto. Volersi misurare in altri ambiti credo sia umanamente e artisticamente legittimo, le idee e le richieste non mancano. Ma a Striscia sto da re e continua a darmi stimoli in quantità”.
Ogni mattina sei tra i protagonisti de “La Banda di R101”…
L’esperienza alla radio si è rivelata affascinante e impegnativa. Il lunedì è un massacro, tra R101 e Striscia sono in pista 15 ore di fila. Il gruppo è molto divertente, il clima è da caserma e spesso le cose più spassose accadono fuori onda. La tv entra nelle case senza chiedere permesso. Chi decide di seguirti in radio invece ti sceglie deliberatamente. C’è un rapporto diverso. Quello che ti guarda in tv magari ti dice “ti ho visto ieri, sei simpaticissimo”, quello della radio ti dice “grazie della compagnia”. La radio è il mix migliore di innovazione e tradizione tra tutti i media disponibili per l’intrattenimento. La libertà di potersi rivolgere a ruota libera, per ore, cazzeggiando, a migliaia di persone, rende la radio ancora unica”.